Quest’anno per i regali di Natale si spenderanno in termini pro capite 158 euro rispetto ai 164 dello scorso anno, -8% rispetto al 2019 e oltre il 36% in meno rispetto al 2009. E’ quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio. Nel complesso si spenderanno 6,9 miliardi rispetto ai 7,4 miliardi dello scorso anno. A pesare sono il clima di fiducia delle famiglie in calo, la forte ripresa dell’inflazione e i rincari delle bollette.
“La crescita dei consumi a Natale rischia di essere frenata dai timori per la pandemia, dall’inflazione e dai costi dei consumi obbligati. Per rilanciare la fiducia occorre accelerare il previsto taglio delle tasse, a cominciare da Irpef e oneri contributivi a carico delle imprese”, afferma il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commentando l’analisi.
Considerando anche i consumi di chi non beneficia di questo emolumento, cioè l’area del lavoro autonomo, complessivamente la spesa media per famiglia a dicembre – inclusi affitti, bollette e utenze – si attesta a 1.645 euro, lo 0,5% in più rispetto all’anno scorso, ma ancora molto al di sotto rispetto al 2019 (-7,5%).
In totale per dicembre si stimano circa 110 miliardi di euro di spesa complessiva, 10 in meno rispetto al 2019. Per le sole spese commercializzabili (beni e servizi) cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sé, alberghi, bar e ristoranti, la stima è di 76 miliardi, calcola Confcommercio . Nel 2020, questa spesa, fortemente correlata al benessere economico delle famiglie, era scesa a circa 66 miliardi di euro correnti.
Dall’andamento dei consumi commercializzabili nel triennio si vede come il mese di dicembre, anche nel 2020, anno caratterizzato da un periodo festivo connotato da molte limitazioni, abbia rappresentato il periodo più importante dal punto di vista dei consumi. Le stime effettuate per il 2021 non considerano improvvisi deterioramenti del quadro pandemico. Al di là della situazione sanitaria qualche spunto di preoccupazione emerge dal versante economico.
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A novembre, il clima di fiducia delle famiglie, pur attestandosi a livelli storicamente elevati, ha ripiegato per il secondo mese consecutivo. Questa situazione, se confermata nei prossimi mesi, rischia di avere ripercussioni nella parte iniziale del 2022 oltre che comprimere, seppure marginalmente, le spese di dicembre e per i regali di Natale.
Il deterioramento è correlato in buona parte al riemergere dell’inflazione la quale, per la parte inattesa, cioè quella eccedente l’1,5%-2%, potrebbe comprimere il potere d’acquisto delle famiglie, riverberandosi principalmente in una contrazione degli acquisti di beni e servizi commercializzabili. Infatti, la ripresa dell’inflazione sta colpendo in prevalenza e almeno per adesso, quei beni e servizi a cui le famiglie non possono rinunciare, cioè i cosiddetti consumi obbligati.
Nell’arco di dodici mesi si è passati da un contesto di deflazione a una variazione dei prezzi al consumo superiore al 3% (3,8% a novembre 2021). Il nuovo scenario non ha intaccato orientamenti e propensioni delle famiglie fino a modificarne i comportamenti, ma il suo protrarsi non potrà non incidere sulle scelte di consumo.
FAMIGLIE PRUDENTI PER TREDICESIME
Si attesta sui 43,8 miliardi di euro l’ammontare delle tredicesime nette che arriveranno a dicembre in busta paga e, dopo le spese per le scadenze di dicembre e i risparmi, la quota destinata ai consumi è pari a 32,6 miliardi. Secondo la metrica adottata, partendo dalle retribuzioni lorde dei lavoratori dipendenti e dalle prestazioni pensionistiche lorde di dipendenti privati e pubblici e sottraendo il prelievo contributivo e tributario per i dipendenti (circa 12,3 miliardi di euro) e solo tributario per i pensionati (circa 5,3 miliardi di euro).
Tra lavoratori dipendenti (circa 19,3 milioni) e pensionati (poco più di 16 milioni) il numero dei beneficiari nel complesso sfiora i 35,4 milioni che equivalgono, se si assume la posizione professionale come condizione della persona di riferimento (la figura del capofamiglia nel linguaggio comune), a circa 19,5 milioni di famiglie che ricevono questa retribuzione aggiuntiva.
Dall’importo netto del 2021, 43,8 miliardi, una volta sottratti gli accantonamenti per far fronte alle scadenze di dicembre legate al saldo Imu-Tasi e alla tassa di proprietà dell’auto, occorre detrarre un’ulteriore quota corrispondente alla propensione al risparmio, che si attesta, nella media dell’anno in corso, al 12,7%. Si tratta di una percentuale ancora molto elevata, seppure inferiore a quella del 2020, forzata a raggiungere, a causa delle restrizioni del lockdown in termini di libertà di movimento e di blocco di buona parte delle attività economiche dei servizi, il livello quasi record del 15,6%, considerando che per trovare un dato superiore di circa un punto, occorre risalire al 1997.
Le famiglie, sottolinea Confcommercio, mantengono anche nel 2021 un atteggiamento ispirato alla prudenza in merito alle intenzioni di acquisto, in conseguenza del protrarsi dell’emergenza indotta dalla pandemia da Sars-CoV-2. Al termine di questi passaggi contabili, dunque, si perviene all’ammontare delle tredicesime destinate a consumi, 32,6 miliardi.
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