Nesli: “Mi chiamerò Francesco. Sono un rom dello spazio, un autistico sociale”

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Nesli: "Mi chiamerò Francesco. Sono un rom dello spazio, un autistico sociale"
“Scordatevi Nesli, mi chiamerò Francesco. Sono un rom dello spazio, un autistico sociale. Ormai sono un cantautore. Elvis? Un mito che neppure scriveva le sue canzoni mentre io mi spacco la testa sulle parole. Ma studiatelo a scuola, io l’ho tatuato come portafortuna prima di Sanremo. Napoli mi ha adottato quando nessuno credeva in me e affittavo locali senza poterli pagare. Per venire ai miei concerti scappate di casa in jeans e portavi il cambio”.

Nesli: “Ho subito una metamorfosi. Sono un cantautore e in primis un comunicatore”

Nesli (nome d’arte di Francesco Tarducci) intervistato da Janpa Serino e Marta Marandola su Radio Club 91, racconta di aver subito una “metamorfosi. I rap chiamati cantanti si offendano. Io sono un cantautore e in primis un comunicatore. Vengo da un genere che ha bisogno di etichette, titoli e di provocazioni. Napoli mi ha adottato all’inizio quando nessuno scommetteva su di me e solo io ci scommettevo, affittando locali per suonare senza avere un euro per pagarli e li rassicuravo dicendo loro “poi andrà bene“.
Parla ancora, Nesli, ai microfoni di Radio Club 91: “Ho un tatoo di Elvis anche se ci si aspetta di trovare Notorious Big, Puff Daddy, Two Pack. – afferma il cantautore – La mia storia è strana, turbolenta e frastagliata. Quei miti li porto nel cuore. Con loro ho trovato una chiave che apriva una serratura emotiva, in adolescenza, quando si è arrabbiati con se stessi e comunque rendo grazie a quei personaggi anzi artisti perché come persone lasciavano a desiderare. Crescendo però sono riuscito a separare l’umanità dall’artista e dall’arte e non erano da tatuare ma Elvis invece sì“.

Nesli: “Elvis? La sua storia andrebbe studiata a scuola”

Non ha mai avuto grandi miti o idoli, “ma crescendo ho imparato ad apprezzare Elvis musicalmente soprattutto per la sua storia leggendaria che secondo me andrebbe studiata a scuola perché ha una magia ed un potere comunicativo assurdo“. E prosegue: “Mi piace che sia una leggenda e non ha mai scritto una parola delle canzoni che cantava mentre io mi spacco la testa ogni giorno a cercare di inventare parole. Questo senso di antitesi mi piace. E adoro la leggenda del suo manager, il colonnello Parker. Elvis l’ho tatuato il giorno dopo che ho saputo di essere stato preso a Sanremo come portafortuna perché dico sempre che dobbiamo essere un po’ Elvis“.
Il cantante parla poi dei suoi progetti futuri e del rapporto con la città di Napoli. “Ho voluto rendere omaggio a Nesli portandolo sul palco di Sanremo avrei potuto cambiarlo lì, ufficializzarlo come Francesco Tarducci ma glielo dovevo ma per il prossimo disco Nesli lo lascio a casa e sarò Francesco. Mia madre da brava indottrinata pensava a San Francesco quando mi ha dato questo nome ma poi le è andata malissimo da quel punto di vista“.

Nesli e il rapporto con la religione: “Vedo la vita attraverso quello che scrivo”

Anche con la religione, Nesli, o Francesco, ha un rapporto che vuole spiegare e chiarire. “In realtà sono molto religiosi i miei tatuaggi e la religione è sempre stata una forma di ispirazione ma non mi piace ostentarla o comunicarlo perché in Italia è una tematica, un po’ come il calcio e la politica, che non si può toccare, al massimo in intimità ma è sempre rischioso”.
Al termine dell’intervista, il cantautore, parla di sé, di ciò che sente di essere, del suo legame con la vita. “Ho una parte dell’ipotalamo che riesce a distrarsi con facilità se passa una farfalla io non sono più qua. Vengo da Marte perché sono un viaggiatore spaziale, sono un astronauta, uno che ha bisogno di trovare nuovi mondi ma anche un extraterrestre uno diverso da questo mondo . In realtà sono un autistico sociale – e prosegue -, vedo la vita attraverso quello che scrivo o il telefonino che mi fa da filtro. non sono proprio alla ricerca di nuovi mondi volutamente ma mi ci imbatto nel mio girovagare. Sono un rom dello spazio”.

Nesli: “Se venite ai miei concerti da altre città, dormite una notte fuori, crea cultura e coscienza”

Poi decide di lanciare un consiglio a chi vuole assistere a uno dei suoi concerti e, anche qui, la voglia di vivere spingendo al massimo, fa da padrone. “Se venite ai miei concerti portatevi il cambio e l’asciugamano perché si suda.
Se venite da altre città scappate di casa, prendete un treno, dormite una notte fuori; è un’esperienza, crea cultura e coscienza. Fa bene dormire nei treni perché c’è un momento in cui non potrete più farlo e allora scarpe, jeans, maglietta, treno e via“.