Oggi, venerdì 20 gennaio, alle ore 17, al PAN di Napoli ci sarà la presentazione del libro “Non scavalcare quel muro” (Nulla Die) di Loredana De Vita. Con l’autrice intervengono: Angela Procaccini, dirigente scolastica, e Pino Imperatore, scrittore. Le letture saranno affidate all’attrice Tina Femiano. Il tutto sarà accompagnato dalla musica del cantautore Lino Blandizzi. Quest’ultimo presenterà un brano inedito nato da una poesia scritta da Loredana De Vita e musicata appunto dal maestro Blandizzi: una poesia dedicata ad una donna vittima di femminicidio Infine, sarà presente anche l’assessore alla pari opportunità, Daniela Villani. Modera la giornalista e scrittrice Anna Copertino. Di seguito l’intervista falla da Renato Votta all’autrice.
Intervista con la scrittrice Loredana De Vita
In questo romanzo, la protagonista femminile, Maria affronta con coraggio la sua vita complessa, dura. Talvolta sembra restare senza fiato e ci si aspetterebbe un crollo, ma poi lei si rialza, il suo respiro ricomincia a fare sussultare il lettore e a trascinarlo con sé nel riscatto rispetto a una condizione di violenza.
Maria vuole raccontarsi, chiediamo all’autrice, Loredana De Vita, se sia proprio così.
Loredana De Vita: “Sì, e non potrebbe essere diversamente. Maria, continuamente, cerca un equilibrio tra il proprio dolore e il bene per i suoi figli. Cerca una libertà che non le è più concessa a causa dell’opinione dell’altro. Maria teme la gente, come la chiama lei; ha paura di essere giudicata; questo ne limita lo sguardo e la fa chiudere in se stessa e nel proprio silenzio. Maria smette di cercare il bene per sé, come se lei non esistesse come donna e come persona, si abbandona ai soprusi e li tace; in questo senso, appare come una perdente”.
DOMANDA: Talvolta il silenzio opprimente costruisce nuove prigioni. Riuscirà nel suo intento di riscattare la libertà dei suoi figli? Riuscirà a rompere il silenzio?
RISPOSTA: “Il silenzio delle donne è la loro tomba” dice la voce narrante di “Non scavalcare quel muro”, ma ci sono tombe in cui quelli che amiamo restano comunque sepolti, vittime altrettanto innocenti e inermi. Talvolta il muro di silenzio da rompere non è solo quello che nasce nel cuore della vittima, ma anche quello di chi la circonda, di chi guarda e tace, di chi accetta che la situazione non possa essere modificata. Il muro del silenzio sarà rotto nella misura in cui ciascun lettore riuscirà a dare voce a questa storia e alle tante storie che, come questa, invitano alla responsabilità personale.
DOMANDA: Come lettori, saremo pronti ad ascoltare nel profondo questa voce silenziosa che racconta senza parlare?
RISPOSTA: Non è semplice, lo so. Io stessa ho avuto delle difficoltà e, scrivendo, ho provato un dolore che non so descrivere, perché è il dolore del vuoto, dell’impotenza, perché tutto era già avvenuto e nulla, non le mie lacrime, non il mio ascolto o le parole di vicinanza, nulla, poteva cambiare la storia. Poi ho capito che anche in questo caso, come nella trasmissione di ogni memoria, non è la storia in sé che conta, ma quanto ci lasciamo modificare nel pensiero e nelle azioni: la memoria è attiva.
DOMANDA: La storia di Maria è vera, sebbene fittizio il suo nome come quello di tutti i protagonisti. Come si fa ad ascoltare e narrare una storia così coinvolgente sapendo che è reale.
RISPOSTA: Io stessa non ci credevo, in realtà non volevo crederci, perché significava assumere un incarico che sentivo lacerante. Non è facile immergersi nel dolore dell’altro e bisogna fare molta attenzione a non sporcarlo. Quando ho ascoltato la storia di “Maria”, per la prima volta, non riuscivo a immedesimarmi, non volevo, perché faceva male, perché dovevo riconoscere che le storie che si leggono sui giornali sono vere e anche peggio. Così, ho dovuto riascoltarla ancora e vedere con i miei occhi le prove tangibili dell’accaduto mentre quelle invisibili mi erano rivelate in un doloroso sussurro. Come restare indifferenti? Come non vedere sul proprio corpo e nel proprio io le tracce indelebili di una realtà tanto sconvolgente? Quando ho chiesto il permesso di raccontare quella storia così, nuda e cruda, ho avuto paura di ricevere un rifiuto, ma non è stato così.
DOMANDA: Sono stati fissati dei limiti alla narrazione?
RISPOSTA: Una sola cosa mi è stata chiesta, “raccontala senza distacco, prova a sentire come sentivo io, altrimenti non sarai una buona testimone”. Una responsabilità e un peso grandissimo, sapevo che un semplice “sì” non sarebbe bastato come risposta e ci ho messo un po’ di tempo prima di decidermi. Quando ho deciso, però, non ho avuto fretta; mi sono data il tempo di sensibilizzarmi davvero su quel dolore, certo, ma soprattutto il tempo di ragionare sulle motivazioni che hanno spinto “Maria” a comportarsi come ha fatto. Provavo molta rabbia.
DOMANDA: Quanto tempo è stato necessario per scrivere la storia di Maria.
RISPOSTA: Ci sono voluti anni, ho avuto paura di non farcela. C’è stato un momento in cui la sua storia diventava la mia e non riuscivo più a separarmene. La scrivevo ovunque, persino sui biglietti del treno, sull’agenda che uso per organizzare le mie lezioni a scuola, su post-it attaccati ovunque. Scrivevo la storia cercando nello sguardo di chiunque quello sguardo indurito e ferito che a lungo aveva sostato nei miei occhi mentre si raccontava. Poi, un giorno, per un banale errore, persi buona parte di quello che avevo scritto sul computer e inutili furono i tentativi di recuperarlo affidati a mani esperte. In quel momento mi sentii persa, pensavo che era un segno, che non ero degna e brava abbastanza da raccontare la storia di “Maria”. Non ascoltavo le voci di chi mi incitava ad andare avanti, poi seppi della morte di “Maria” e pensai al vuoto in cui la abbandonavo, come fosse condannata al silenzio… e piansi, tantissimo sentendo non solo di essere stata inutile, ma di averla tradita. Crollai sul divano e mi addormentai. Sognai mia madre che mi diceva di cambiare in “Maria” il nome fittizio che avevo dato alla protagonista e che in origine era “Silvana”. “Maria”, mi piaceva! Era un nome comune dal gusto onnicomprensivo ma semplice e dal suono mite e facile da ricordare. Al mattino aprii il file sul computer con il poco che era rimasto e con l’opzione “trova e sostituisci” modificai Silvana in “Maria”. Maria fu ed è, perché da quel momento ricominciai a scrivere fino al punto di pubblicare. “Maria” parlava ancora, tutti gli strani appunti presi mi aiutarono a dare una cronologia agli eventi.
DOMANDA: “Non scavalcare quel muro”, ha una doppia voce narrante, c’è un tempo presente e un funerale, e poi la storia di Maria. Come mai?
RISPOSTA: Avevo bisogno di scendere nel dolore e così ho pensato di unire un evento doloroso e sconquassante per me (il funerale di mia madre) e il dolore di “Maria”. I nostri dolori così diversi, ci unirono di più e sono riuscita a dare voce alla mia “dolce musa del silenzio” come riporta la dedica sul libro. Io so che il viaggio non è ancora finito. So che scrivere quella storia è solo l’inizio di un percorso non facile. Io lo sto percorrendo, spero che qualcuno lo percorra con me.
Noi di RoadTv Italia ci siamo, buon lavoro Loredana e grazie.