di Luigi Casaretta.
Dopo circa due mesi dalla diffusione mondiale della notizia sul ritrovamento di un disegno a sanguigna del XV-XVI secolo a Lecco battezzato come il “Salvator Mundi” ed attribuito alla mano di Leonardo Da Vinci, che ha destato non poco clamore, ieri in diretta streaming sul canale Youtube, sono stati ufficialmente presentati gli studi effettivi compiuti sul disegno, attraverso operazioni di indagine scientifica e profonda analisi della tecnica pittorica utilizzata per la realizzazione del manufatto.
Durante l’evento, presentato dallo studioso del Comitato scientifico del Centro per l’Unesco di Firenze, Andrea da Montefeltro e dalla ricercatrice del medesimo centro, Annalisa Di Maria, la prima esperta a credere fortemente che il disegno potesse essere un autentico del XV secolo, sono state mostrate le fasi di studio, dalle prime indagini sul supporto cartaceo compiute presso il laboratorio di restauro di Canzo (CO), al santuario di San Pietro di Sorres (SS), centro di fama internazionale per il restauro, fino alle comparazioni effettuate con i disegni presenti nella Biblioteca reale di Torino e della Royal Collection di Londra.
Tali comparazioni, a partire dal tratteggio riconducibile alla mano di un mancino e alle similitudini stilistiche con i diversi disegni di Torino e Londra di Leonardo Da Vinci, confrontati con il “Ritratto di Lecco”, hanno fornito un valido nesso logico tra le produzioni. Non sono mancate le smentite, come nel caso del test al carbonio 14 effettuato sul disegno, dove si evidenziava in un primo momento, una carta databile alla metà del XX secolo ma in realtà, questa falsa interpretazione del carbonio 14, rivelava solo un pesante intervento di restauro con carta giapponese che aveva cercato di recuperare maldestramente il foglio.
Interessantissimo a riguardo, la presenza di filigrana e contromarche che riportano a fabbriche di carta coeve a Leonardo da Vinci dell’area ferrarese; una contromarca appena impressa di un biscione che sembrerebbe rifarsi al Casato dei Visconti di Milano ma addirittura si evidenzia una testa, molto probabilmente un Cristo che emerge subitaneo tra la chioma fluente e la barba del soggetto raffigurato.
Questi primi ma rassicuranti studi sono sicuramente destinati ad implementare il dibattito in corso.
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