Il racconto di Enzo Ambrosio, che la sera del 5 settembre guidava quello scooter senza assicurazione e senza patente su cui viaggiava anche Davide Bifolco, il 17enne ucciso dal proiettile esploso dalla pistola di un carabiniere, fa venire i brividi. È la descrizione, grottesca e agghiacciante, di come una serata tra amici possa concludersi con una morte assurda, trasformarsi in una ingiusta tragedia. “Vi definireste bravi ragazzi?” domanda la giornalista. “Sì”.
C’è rabbia e dolore negli occhi di Enzo, mentre parla del suo lavoro, mentre racconta che faceva l’elettricista sulle navi. “Certo che eravamo bravi ragazzi”. Quella sera? “Stavamo facendo un giro. Stavamo andando in sala giochi. Come facciamo tutte le sere”. Poi, l’incontro con la volante dei carabinieri. “Sono scappato perché avevo paura” spiega Enzo, “non avevo documenti né assicurazione. I carabinieri ci hanno tamponato, siamo caduti. E io sono scappato”. Lo dice con rammarico, Enzo. Se avesse saputo, o potuto prevedere quello che stava per succedere, forse sarebbe rimasto. Forse non sarebbe scappato. Forse sarebbe rimasto accanto a Davide, l’amico fraterno per cui lui era “tutta la vita”, sarebbe tornato indietro per soccorrerlo. Invece no. Enzo è scappato, perché aveva paura. Non più paura di incorrere in una sanzione; ma paura per la sua vita. E lui non vuole, non può permettersi di morire. Lui che da poco è anche diventato padre.
Del resto, come poteva aspettarselo? Come poteva immaginare che quel carabiniere alzasse il braccio e esplodesse un colpo ad altezza uomo? Ad altezza uomo, sì. Perché lui l’ha visto, e lo dice chiaramente. “Mentre scappavo mi sono girato, l’ho visto. Il carabiniere ha alzato il braccio e ha sparato. Non ha sparato in aria, ha sparato ad altezza uomo“. E lui ha visto Davide accasciarsi al suolo. Questa è l’ultima immagine che Enzo ha di lui. L’immagine che lo tormenta, insieme al rimorso per non essere tornato indietro. Lo stesso rimorso di quanti avrebbero potuto evitare questa tragedia. Un rimorso che oggi grida giustizia.
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