Proprio mentre si hanno ancora negli occhi le immagini della giovane Valentina Tarallo, 29enne ricercatrice italiana morta per quella che a tutti gli effetti pare essere stata una rapina, ma che si è trasformata in un omicidio di Ginevra, al Tg5 un servizio finisce col gettare, inspiegabilmente, fango su Napoli. Per descrivere l’accaduto, ci affidiamo ad Angelo Forgione, che, attraverso il suo blog, spiega meglio di chiunque altro cosa sia accaduto e, soprattutto, il senso di frustrazione che attanaglia per questo ennesimo caso.
“Ci risiamo… Ora il microfono si sposta a Ginevra, dove per il massacro di una donna è Napoli a pagare, in termini di immagine. La vittima, una 29enne ricercatrice italiana, della provincia di Torino, che frequentava un dottorato di microbiologia molecolare nella città elvetica, è stata colpita con una spranga da un uomo che l’ha aggredita per strapparle la borsetta mentre rientrava a casa. La polizia cerca un uomo tra i 20 e i 30 anni. Sul posto giungono le telecamere del Tg5, con Antonio Bartolomucci, leccese, che chiede alle colleghe italiane della vittima quanto si sentano al sicuro a Ginevra. Poi è il turno di una donna svizzera del posto, che si presta a una sentenza all’italiana: «Ormai abbiamo paura anche noi. E questa è Ginevra, non Napoli!». Parole tranquillamente montate nel servizio e diffuse a milioni di persone, in barba alle più elementari regole deontologiche.
Si tratta ancora una volta di stigmatizzare il giornalista e il direttore responsabile di redazione, non la signora piena di pregiudizi, perché una frase diffamatoria talmente gratuita non dovrebbe mai essere sdoganata da un network nazionale. In poche parole, in fase di montaggio, andrebbe censurata e tagliata, esclusa dal contributo video. E invece accade che vada in diretta su tutto il territorio, alimentando i pregiudizi su una città tartassata di prassi da certa stampa. Ed è esattamente questo il motivo per cui anche una donna di Ginevra si lascia andare a un’affermazione totalmente fuori luogo, traendo dal riverbero dei media italiani ma anche svizzeri le parole più inadatte da pronunciare davanti a un microfono di un telegiornale italiano. Il problema è che per il telegiornale italiano, spesso e volentieri, non sono parole inadatte”.
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