di Francesca Galasso
L’omosessualità non è una malattia mentale.
Era il 17 maggio 1990 quando l’Organizzazione mondiale della sanità decise di eliminare dai manuali psichiatrici la voce ‘omosessualità’ ed è da allora che il 17 maggio si celebra la Giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia.
Nonostante siano trascorsi ben ventitré anni, di episodi discriminatori che hanno come protagonista l’uomo che discrimina se stesso, se ne sono visti e se ne continuano a vedere tutti i giorni. E tutti i giorni si tende a sottovalutare.
Quest’anno Napoli decide di non ignorare e apre la Giornata con lo slogan ‘Alcune persone sono gay. Fattene una ragione’, creato dall’associazione Arcigay campana. E lo fa illuminando di rosa fino a domani sera uno dei simboli leggendari della città, il Maschio Angioino che domina Piazza Municipio.
Saranno giornate partecipazione ad eventi culturali e sportivi, che avranno luogo sul territorio napoletano.
Momenti di aggregazione, quindi, che saranno utili, chissà, a riflettere su come sia possibile che tutt’oggi, un omosessuale su quattro sia vittima di violenze e che i due terzi della comunità gay abbia paura di rivelarsi tale per ritorsioni e discriminazioni.
Momenti di riflessione che aiuteranno a cambiare idea, chissà, a chi pensa che un uomo sia considerato ‘persona’ solo se etero; e non a prescindere dalla sua identità sessuale.
Momenti che, forse, riusciranno a cancellare la parola omofobia dalle bocca degli uomini perché, come ammonisce Morgan Freeman:
Odio la parola omofobia. Non è una fobia. Tu non hai paura. Sei solo uno stronzo.
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