di Lorenzo Giroffi
Mahmura, nel nord dell’Iraq, sud del Kurdistan, rappresenta il riparo per diciottomila curdi scappati dalla Turchia. Qui si è costituito un campo profughi negli anni ’90, quelli della repressione più feroce dell’esercito turco nei riguardi della componente etnica curda. Periodo in cui era consuetudine il bombardamento di molti villaggi.
Alcuni curdi resistenti lì, rifiutatisi di svolgere il ruolo di guardiani dei villaggi, proposto dai militari, che in pratica consisteva nel controllare i propri vicini e denunciarne le eventuali velleità politiche e di rivendicazioni della causa curda, nel 1994 decisero di percorrere i monti del Kurdistan, cambiando otto accampamenti in Iraq. Si ripararono poi definitivamente nel 1998 a Mahmura, nella provincia di Mosul, che all’epoca era una zona franca tra il regime di Saddam Hussein ed i combattenti curdi iracheni.
Dopo la destituzione di Saddam i curdi in Iraq hanno potuto godere di una propria regione autonoma, dove si trova il campo. I “profughi” provenienti dalla Turchia non hanno beneficiato di alcun diritto di cittadinanza dalla regione curda irachena, ma viene riconosciuto loro solo lo status di rifugiati. L’insediamento inizialmente è stato complicato visto che l’area è in pieno deserto e nel 1998 non c’era nulla, a parte le tende dove dormire, con picchi di temperatura insostenibili, fino a 50 gradi, scorpioni e serpenti a far compagnia, con il dramma dei morsi degli animali ai bambini, molti deceduti perché in assenza del siero necessario.
Tuttavia in più di dieci anni di permanenza sono state tirate su case, piantati alberi, pensati punti di aggregazione e costruite strutture necessarie ad una vita che rasenta la normalità. Questo campo è divenuto anche il simbolo della resistenza curda. Ogni settimana infatti si celebrano i martiri del conflitto armato in Turchia tra l’esercito turco ed il Pkk (partito curdo dei lavoratori).
Ci sono strutture scolastiche per tremila studenti, che fino al liceo si preparano studiando in lingua kurmanji, sorani ed inglese, poi in molti decidono di iscriversi alle università irachene fuori dal campo. Il 90% dei rifugiati lavora fuori da Mahmura, fornendo manovalanza alla società irachena. Tutto ciò non ha impedito la costituzione di una società all’interno del campo, che si è auto-organizzato anche in municipalità. Ogni 5 anni ci sono elezioni per eleggere un sindaco: Ahmet Ozer è l’attuale sindaco di Mahmura.
Le difficoltà sono ancora tante, perché il campo è si protetto dal parlamento della regione autonoma curda irachena, ma non è assistito economicamente. Ci sono ancora carenze strutturali, come ad esempio la disponibilità dell’acqua potabile ed un’assistenza medica adeguata. L’UNHCR (l’agenzia delle Nazioni Unite che dà assistenza ai rifugiati) è presente, dato che sono presenti persone perseguitate politicamente, ma il presidio medico che offre è disponibile solo poche ore durante la mattina e lo sportello per le persone diversamente abili è stato di recente chiuso.
Perciò un’organizzazione non governativa italiana, “Verso Il Kurdistan”, di quelle vere, che prendono contatto con il territorio e creano connessione tra le persone, ha deciso di appoggiare il progetto della costruzione nel campo di un ospedale a Mahmura. Nella struttura lavoreranno i residenti del campo specializzatisi nei loro percorsi accademici, per un primo periodo in maniera del tutto volontaria.
Napoli 18 gennaio 2014