Dobbiamo prendere esempio da loro. Questa è la lezione che la stampa pallonara (e non solo) italiana ci ha dato domenica. Prendere esempio da loro. Dal Parma. La provinciale che negli anni ’90 comparve sulla scena italiana segnandone un decennio. L’”isola felice”. La definivano così. La Cenerentola che va al gran ballo e, visto che si trova bene, ad un certo punto decide pure di fare shopping. Mors tua vita mea, antica regola valida un po’ in tutti i campi. A Parma la conoscevano bene. Sulle macerie del Napoli hanno costruito l’ossatura per la loro squadra: prima Crippa, poi Zola, Cannavaro ed altri. Non fossero stati loro, certo, il Napoli li avrebbe dovuti svendere a qualcun altro. Mors tua vita mea, come gli sciacalli. E poi potendo scegliere, meglio a Parma, no? È una squadra simpatica, l’isola felice Solo che poi si scoprì che era tutto finto. Il Parma, intesa come società del gruppo Parmalat, altro non era che una delle più gigantesche truffe che la storia italiana ricordi. Quando si scoprì, era il 2004, il Parma avrebbe dovuto sparire dal calcio professionistico. Così non andò, e non è andata così nemmeno quest’anno. Il Parma ad oggi è l’unica squadra fallita due volte senza mai scendere di categoria (se non sul campo). Da sciacalli a abusivi. Mantenuti. Parassiti. Chiamateli come volete.
Ecco, prendiamo esempio da loro; se il Parma società è una delle più gigantesche vergogne italiane, non è che poi chi scende in campo sia adamantino. È il campionato 2000-01, nelle ultime giornate il Parma affronta il Verona, altro club controllato da Tanzi e in lotta per non retrocedere. Il Parma si scansa, o meglio li aiuta proprio palesemente a vincere, dato che il Verona non ce la fa nemmeno a tirare in porta. E così ecco un bel rigore costruito ad hoc. Un cadeau per gli scaligeri che vincono 2-1 e restano in A. Al suo posto retrocede il Napoli, poteva capitare anche ad altri. Ma nel calcio la ruota gira, anni dopo sarà il Parma ad affrontare il Napoli necessitando di punti salvezza. Agli azzurri importa poco del risultato, ma in campo è partita vera. Il Napoli vince 2-1 al Tardini. I gailloblù (che retrocederanno) non gradiscono l’impegno e in campo si scatena una caccia all’uomo ai danni di Lavezzi e Hamsik. Dicevamo? Ah si, prendiamoli come esempio. Appunto, altro giro altra corsa. Stagione 2010-11, il Bari già retrocesso si impone al Tardini 2-1. Anche stavolta gli emiliani non la prendono troppo bene. Nel dopo gara si scatena il putiferio con il barese Rossi, accerchiato e minacciato che grida “Mi state accusando di essere un professionista”. Tra i Ducali più inferociti ci sono Morrone e Palladino (che per questi fatti verrà poi addirittura deferito). Palladino chi? Ah, già quello da cui dovremmo prendere esempio. Ecco, noi è da sta gente che dovremmo prendere esempio. Dai Donadoni (condannato a 5 mesi di reclusione per abuso edilizio) che prima lancia accuse, poi le ritratta. Dai Totonno Mirante, campano uscito dalla primavera Juve che, con professionalità ogni qualvolta incontra la Casa madre, metaforicamente, si abbassa i pantaloncini e si china a 90°. E dai Raffaele Palladino, napoletano che ama talmente la sua città che giovedì tiferà per il Dnipro. Ma forse Palladino, qualche motivo per avercela col Napoli ce l’ha. Da quando anni fa si vociferava dovesse vestire l’azzurro, salvo poi essere snobbato. Fu un errore in effetti. Visto il suo rendimento degli ultimi anni, Palladino a Napoli avrebbe fatto comodo. Come magazziniere.
Antonio Supino