di Vincenzo Vacca
La paura e la speranza. Sono i due sentimenti che, in questo drammatico periodo, si alternano continuamente in ognuno di noi. Viviamo una vita sospesa, ma caratterizzata anche dal timore per il nostro futuro. Tantissimi hanno già perso il lavoro, soprattutto chi aveva un lavoro precario o a nero. Pertanto, siamo tutti in attesa di un annuncio da parte della scienza della scoperta di una cura efficace. Tanti dicono, e con qualche ragione, che è come una guerra. Abbiamo di fronte un nemico invisibile e, quindi, con una maggiore capacità di colpirci rispetto a una guerra, durante la quale, il nemico è ben visibile. Ma definirla guerra non è proprio esatto, perché, per fortuna, non siamo costretti a uccidere alcun essere umano, né siamo sottoposti a un bombardamento. Anzi, stare a casa è attualmente l’unica possibilità di difenderci. Certamente è una situazione inedita.
Ci sembra di vivere in un qualche film incentrato sulla diffusione incontrollata di una malattia non curabile. Quasi una situazione drammaticamente reale che ha superato la fantasia. Io sono del parere che ne usciremo. Infatti, c’è già qualche buona notizia circa l’utilizzo di alcuni farmaci. Da un punto di vista sanitario, ne usciremo. Ma, da un punto di vista sociale, come ne usciremo? Quali saranno i nuovi scenari economici, politici, persino etici, nei quali ci troveremo a vivere? Sicuramente saremo diversi, tanto diversi rispetto al periodo precedente alla pandemia. Migliori o peggiori? Tutto dipenderà, a mio avviso, da come vivremo questo periodo di isolamento in casa che si prospetta non breve. Io sono moderatamente ottimista in ordine alle nuove persone che saremo. Proprio in questi giorni, si moltiplicano gli episodi di solidarietà.
Non mi riferisco, per quanto importanti, agli aiuti nei confronti dell’Italia da parte di altri Paesi. Mi riferisco a noi italiani, a partire dal personale sanitario: donne e uomini che sono davvero in trincea. Rappresentano la nostra linea del Piave e abbiamo già tanti caduti in questa battaglia. Non sarà mai sufficiente il nostro grazie a queste persone che stanno indicando a tutto il Paese, tra l’altro, la strada da intraprendere. Mi riferisco alla consapevolezza di eseguire fino in fondo il compito che la società ti ha affidato, ma anche alla capacità che tutti dovrebbero avere, e cioè quella di avvertire un importante sentimento: l’empatia ovvero la risonanza emotiva della sofferenza dell’altro. Ecco perché, in questi giorni in cui siamo costretti a stare a casa, dobbiamo fare in modo che non siano giorni vuoti. Dovrebbero essere vissuti con la riflessione, con l’arricchimento del pensiero. Il tutto volto a rimettere in discussione il nostro stile di vita eccessivamente incentrato su noi stessi. Gli scenari sociali di cui accennavo saranno migliori, se nascerà un maggiore e migliore spirito comunitario. Se introiettiamo l’idea, ciascuno nel proprio ambito, che solo se viviamo per gli altri e non solo per noi stessi, riusciremo a creare un contesto socio – economico che ponga al centro veramente l’uomo e non il profitto individuale.
Il mio ottimismo scaturisce da quello che tutti possono osservare in questi tristi giorni. Basti pensare, oltre al personale sanitario, a tutti i volontari che si prodigano per aiutare in forme varie chi ha bisogno di aiuto o a tutte le persone che forniscono gli alimenti per coloro che non possono acquistarlo per mancanza di soldi. Insomma, sta venendo fuori l’Italia migliore. L’Italia che ci piace e che rincuora. Tutto questo porta a pensare che, a epidemia cessata, la speranza che saremo migliori è ben fondata, Vincenzo Vacca
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