Il pentimento del ninno

Editoriale di Tonino Scala

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‘O Ninno ha deciso di pentirsi, una di quelle notizie per le quali vale la pena festeggiare. Sì perché Antonio Iovine, detto ‘o ninno, non sarà un pentito qualunque, perché non è stato un camorrista qualunque. Antonio Iovine uomo di Francesco Schiavone detto “Sandokan”, suo delfino designato, parlerà, forse lo starà già facendo in queste ore, finalmente ci sarà chiarezza. Non sono ad aspettare i primi arresti, non è questo feticismo che mi interessa, ho bisogno, ho sete di verità. Va detto che già in queste ore qualche segnale sta arrivando.

Il depositario delle armi del clan made in Casale è stato arrestato in un palazzo anonimo. Raffaele Colella questo il nome del custode dell’armeria che aveva con sé due mitragliatori M70 (modello kalashnikov), due impugnaturee 150 munizioni sono stati rinvenuti all’interno di un tubo, nel chiuso di un ripostiglio di un domicilio privato. Armi da guerra in una guerra senza fine che va avanti da troppi anni. Inizia il countdown per conoscere le prime rivelazioni eccellenti. Vero, oramai grazie a giornalisti, magistrati e quant’altro sappiamo già tanto. Ma questa scelta aprirà un varco importante non solo per capire cos’è accaduto tra imprenditoria, istituzioni e politica. Non solo in Terra di lavoro, ma in Campania, In Italia, in Europa. Sì, perché Antonio Iovine ha avuto un ruolo chiave nella vicenda del clan: è come se Leoluca Bagarella avesse deciso di dire tutto sulla mafia.

Antonio Iovine è uno dei depositari della storia dei Casalesi un uomo che ha retto il clan per troppo tempo. È stato l’ideatore a dire degli inquirenti della svolta stragista del 2008, la controffensiva stile mafioso che fece dei casalesi un’emergenza nazionale. Ideatore della sfida lanciata allo Stato, quella di progettare attentati sulla falsariga di quanto fecero i corleonesi tra il 1992 e il 1993. C’è una storia segreta da capire. Una storia che conduce dritta al sistema di protezione che ha garantito ai due boss lovine e Zagaria di crescere da un punto di vista criminale e di foraggiare quella camorra che nel 2008 diventa stragista. Un pentimento che potrebbe cambiare la storia del nostro paese. Potrebbe essere in questo buio pesto un raggio di luce per comprendere il legame vero tra politica-camorra-imprenditoria con pezzi di Stato. Un pentimento quello di Antonio Iovine che viene da lontano, già nel dicembre del 2010, l’anno della sua cattura, si disse che voleva collaborare, che aveva avuto addirittura un colloquio investigativo (smentito) con il procuratore nazionale antimafia dell’epoca, Piero Grasso.

Aveva venticinque anni quando nel 1989 fu coinvolto nella strage, un regolamento di conti, contro quattro nemici lasciati sull’asfalto. Famiglia importante nel mondo di Gomorra quella di Antonio Iovine. Suo fratello Carmine fu ucciso nel ’94, un parente, Mario Iovine, uno dei boss fondatori dei Casalesi fedelissimo di Antonio Bardellino, fu ucciso a Cascais, Portogallo, nel 1991. Nel 2008 fu condannato all’ergastolo nel maxiprocesso “Spartacus”. Antonio Iovine era ormai latitante da 12 anni e fu catturato solo nel 2010. Vent’anni di segreti, di assetti di potere, di relazioni inconfessabili, due decenni di morti ammazzati, punizioni, esecuzioni.  Un pentimento che vale oro. Forse lo avrà fatto anche per paura dell’ergastolo, del 416 bis, ma questo poco interessa. Ciò che conta è che questa decisione porterà verità.