Cultura

“Perché ti ho perduto”, l’omaggio di Enza Alfano ad Alda Merini

Organizzata dalla libreria IOCISTO, la prima presentazione di un libro dopo un lungo periodo di sospensione imposta dalla pandemia da Covid19, quella di “Perché ti ho perduto” di Enza Alfano, dedicato ad Alda Merini.

Nella cornice di piazza Fuga, a Napoli, organizzata dalla libreria IOCISTO, la prima presentazione di un libro dopo un lungo periodo di sospensione imposta dalla pandemia da Covid19, quella di “Perché ti ho perduto” di Enza Alfano (Giulio Perrone Editore) dedicato ad Alda Merini.

L’argomento trattato, la follia, si presenta quanto mai attuale in questo periodo in cui l’umanità intera, anche se in modi differenti, sta vivendo un’esperienza folle. Privati tutti della quotidianità, dei contatti fisici, delle piccole e grandi certezze che costituivano un rifugio sicuro nei momenti di smarrimento, oggi siamo costretti a riflettere sull’essenza della vita scoprendo che forse ciò che ci sembrava folle fino ad alcuni mesi fa non lo era poi così tanto… E se il rifiuto di alcuni di accettare la nuova realtà e le riflessioni a cui essa induce fosse una forma di follia?

Enza Alfano presenta "Perché ti ho perduto", foto di Anna Copertino
Enza Alfano presenta "Perché ti ho perduto", foto di Anna Copertino
Enza Alfano presenta "Perché ti ho perduto", foto di Lucia Montanaro
Enza Alfano presenta "Perché ti ho perduto", foto di Lucia Montanaro

Alda Merini ha avuto una grande presenza mediatica solo dopo la sua morte divulgando il potere della poesia; parlare di lei in “Perché ti ho perduto” ha dato ad Enza l’opportunità di affrontare il tema della malattia mentale, che le sta molto a cuore e che già aveva affrontato con il romanzo “L’unica ragione”. Qui lo affronta rivivendo con il dovuto distacco emotivo il percorso di vita di Alda, una donna che, in quanto tale, ha subito una doppia discriminazione: quella di genere e quella riservata alla malattia psichiatrica, due condizioni per le quali rispetto e dignità non sembrano diritti riconosciuti.

Non a caso la Merini finì per chiamare Terra Santa il manicomio perché fu lì che si rifugiò dal dolore fino a trovare la forza di accettarlo e, scavando nella propria intimità, riuscì ad esprimerla in chiave poetica. Come suggerisce l’autrice sarebbe importante che questo libro lo leggessero soprattutto le donne, come ausilio alla presa di coscienza della storia del proprio genere…di quanto a fatica ha conquistato e di quanto ancora c’è da conquistare.

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Marina Topa

Insegnante di lingua e letteratura francese. Per caso ha conosciuto il "Pianeta Infanzia" e si è con slancio catapultata nella scuola dell'Infanzia dove, sempre per caso, ha scoperto di amare la scrittura.

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