Un dramma vero e proprio quello che si sta consumando a Licola (Napoli), dove Aristide Angelillo, 51 anni, vive intrappolato nel suo corpo di 380 kg, che non gli consente di muoversi. Cosa che, però, adesso è diventata più di un’esigenza, in quanto le sue condizioni fisiche, ha il cancro alle ghiandole endocrine e una grave insufficienza respiratoria e cardiaca (il suo cuore batte a 150 pulsazioni al minuto), sono peggiorate e andrebbe portato d’urgenza alla clinica di Pineta Grande. L’unica con tutte le attrezzature per curarlo e sottoporlo a un necessario intervento chirurgico per la riduzione dello stomaco.
E’ una storia particolare quella di Aristide, che lui stesso mostra oggi sul suo profilo twitter e che ha cominciato a raccontare sulle pagine di un blog alcuni anni fa, quando ha voluto far conoscere la sua condizione, addirittura pubblicando alcune sue fotografie. Lo ha fatto per chiedere la grazia all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La grazia si, perchè Aristide Angelillo è stato condannato a 30 anni di carcere per spaccio di droga, di cui 20 ancora da scontare, agli arresti domiciliari. Misura necessaria una volta riconosciutagli l’invalidità al 100%. Arrestato nel 2001 insieme alla propria coniuge, si è sempre dichiarato innocente. E le uniche prove nei suoi confronti, sono alcuni tabulati telefonici che testimoniano che conosceva uno dei trafficanti, effettivamente incontrato per caso in un ristorante.
Aristide ha trascorso in carcere diversi anni in condizioni igieniche disumane e senza la minima assistenza: costretto a vivere tra escrementi e scarafaggi in una cella di 2 metri per 3, su una branda di acciaio senza la possibilità di muoversi. Dal 2006 ha ottenuto i domiciliari a causa della sua obesità e perché gravemente malato.
Da oltre due giorni, presso la sua abitazione è arrivato il personale medico con due ambulanze, tra le quali una speciale. Dotata di letto bariatrico, capace di sopportare fino a quattro quintali di peso. Con loro, anche i vigili del fuoco. Tutti insieme stanno studiando il modo per portare Aristide fuori dalla sua casa-prigione. Lì dove, all’ingresso, spicca un cartello in cui si specchia tutta la triste e disumana condizione in cui è costretto a (non) vivere: “Avviso signori P.G. Sono solo in casa e non cammino, mia moglie è in terapia intensiva, c’è la chiave dietro al cancello, c’è la chiave nella porta, vi prego di salire al primo piano oppure di prendere il telefono sul divano”.
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