“I senzatetto a piazza Carlo III? No grazie”. Il progetto di riqualificazione sognato dal Comitato Civico Carlo III per Palazzo Fuga, recentemente oggetto di una manifestazione di interesse che potrebbe in breve tempo, grazie all’impegno dimostrato dal Comune, riportarlo agli antichi splendori, rischia di saltare per “colpa” di Padre Alex Zanotelli. Già, perché lui, in controtendenza con quanto proposto dal Comitato, l’ex Albergo dei Poveri vorrebbe sì ristrutturarlo, ma per ridargli la sua originaria funzione, la stessa che aveva sotto il regno di Carlo III: quella di ospizio per i senza fissa dimora.
Una proposta che, se da un lato ha riscosso l’interesse dell’amministrazione comunale, dall’altro non piace ai cittadini della zona, che da via Carlo Pecchia a via Bernardo Tanucci, dove ha sede l’ingresso all’ala di palazzo Fuga che andrebbe destinata ai senzatetto, si stanno mobilitando per impedire il progetto di Alex Zanotelli. Perché, dicono, piazza Carlo III ha già pagato lo scotto di 3o anni di malagestione politica che l’ha portata ad essere come è attualmente: abbandonata al degrado.
Dimenticate il volto vivo e ridente della piazza com’era un tempo: oggi niente di quello che piazza Carlo III rappresentava per la città di Napoli, un crocevia importantissimo per il commercio e la viabilità cittadina, è rimasto. Piazza Carlo III è stata completamente dimenticata dalle istituzioni, e l’abbandono è visibile ovunque. Davanti alla Dante Alighieri, la scuola elementare che affaccia proprio di fronte a Palazzo Fuga, dove i motorini scorrazzano impuniti nelle aree pedonali (proprio ieri l’ennesimo incidente: poco prima del nostro arrivo, un padre si è scagliato immotivatamente contro alcuni agenti della Municipale, sul luogo per un’altra chiamata, dopo che uno scooter stava per investire sua figlia) che la sera diventano zone di bivacco per drogati e coppiette in cerca di intimità; nelle aiuole, ormai elette a dimora dai clochard che ogni notte ne affollano le panchine; nel piccolo campetto di asfalto di via Gussone, realizzato durante gli ultimi lavori di riqualificazione della zona e oggi in condizioni pietose, con le recinzioni divelte e un grosso masso abbandonato in un angolo che mettono a serio rischio la sicurezza dei ragazzi che ci giocano.
Ad accompagnare le nostre telecamere in questo triste viaggio è Antonio Provitera, presidente del Comitato Civico Carlo III, che dopo tanti anni di abbandono e assenteismo istituzionale ha ridato alla gente del quartiere una speranza, ridestando, grazie al suo impegno, l’attenzione delle istituzioni su una zona trascurata ma ricca di potenzialità di sviluppo, che potrebbe svolgere un ruolo cruciale nella rinascita dell’intera città. Così, a molti deve essere sembrata un’idea folle e sognante quella proposta qualche mese fa dal Comitato e presa in considerazione dal sindaco De Magistris di trasformare palazzo Fuga in un polo museale, da realizzare con le donazioni spontanee degli artisti partenopei, e in un centro di aggregazione e ricreazione per tutti gli abitanti del quartiere. Un punto di riferimento, insomma, in cui ritrovarsi e ritrovare quell’antico senso di partecipazione e attivismo da troppo tempo sopiti.
Un sogno che rischia di rimanere tale, purtroppo. Dite addio alle opere d’arte e ai centri culturali e giovanili, arrivano i clochard, e (forse) un orto sociale per gli extracomunitari (ma non è ancora ben chiaro). È questa la proposta presentata da padre Alex Zanotelli all’assessorato al Welfare e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli: ricreare un ospizio per i poveri nell’ex albergo per i poveri. La riqualificazione di Palazzo Fuga passa per un discusso ritorno alle origini. Purché dentro non ci vadano a finire i “nuovi” poveri. Quelli che la carenza di politiche assistenziali a cittadini e commercianti, di piazza Carlo III ma non solo, sta producendo. Già. Perché non è un mistero il fatto che le condizioni del commercio nel quartiere non sono rosee, e che molti negozi della zona stanno inevitabilmente chiudendo i battenti.
Ce lo raccontano i commercianti di via Bernardo Tanucci, che dinanzi all’eventualità che palazzo Fuga torni ad ospitare senzatetto e extracomunitari, si sono mobilitati organizzando una raccolta firme per chiedere un incontro con i politici in Consiglio Comunale. “Non è una questione di razzismo“ ci spiegano. “Io personalmente” dice la titolare di un negozio di abbigliamento in via Tanucci, proprio di fronte a quello che dovrebbe essere l’ingresso del futuro ospizio/orto sociale, “credo che sia dovere dello Stato aiutare i più deboli. Purché non si vada a infierire ulteriormente sulle persone e sulle zone già vessate da povertà e degrado“. Proprio come via Tanucci, un tempo via dello shopping del quartiere, che oggi il degrado, la mancata manutenzione stradale, il buio (non quello istituzionale, ma quello vero, dell’illuminazione stradale che qui si accende solo dopo le otto di sera, anche in pieno inverno, quando il sole cala alle quattro) hanno trasformato in una zona pericolosa.
Il Comune, dal canto suo, non ha ancora approvato un progetto definitivo. Per adesso si è limitato a riprendere possesso di uno dei cortili interni di Palazzo Fuga, al quale si accede proprio da via Tanucci. Qui, in uno spiazzo ora recintato, che spesso i ragazzi del quartiere, scavalcando le recinzioni, usano come campo di calcio in una città che ai giovani offre ben pochi svaghi, dovrebbe sorgere l’orto sociale destinato agli extracomunitari. Lo sanno bene i dipendenti del parcheggio che ha sede all’interno del cortile, a cui è stata sottratta almeno la metà dell’area. “Prima a lavorare qui eravamo in 5, adesso siamo rimasti in 3, perché lo spazio per il parcheggio è stato dimezzato, e i proprietari hanno dovuto licenziare alcuni di noi” ci spiega un dipendente.
“Chiederemo al Comune la massima trasparenza” afferma Antonio Provitera. “Vogliamo sapere in base a quali criteri hanno scelto proprio questa zona tanto disagiata per progettare un ospizio per i senzatetto e un orto sociale per gli extracomunitari”. Intanto, la raccolta firme è già iniziata e, secondo i commercianti locali, ci vorrà poco a raggiungerne 2mila. “Molti hanno saputo dell’iniziativa e verranno a firmare” spiega il portavoce della petizione. Perché altri poveri qui, a piazza Carlo III, non ce li proprio vuole nessuno.
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