Piazza San Domenico Maggiore: prigionieri del no-sense

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San Domenico Maggiore

Pudore, questo manca.

Un discorso contro corrente, forse, ma oggi essere realmente “trasgressivi” significa incarnare e vivere valori considerati superati.

Pudore verso se stessi, rispetto verso se stessi. Se questi mancano a nulla servono le prediche sul rispetto verso gli altri.

L’oscenità di quanto accaduto a Piazza San Domenico Maggiore non è solo nella scena di sesso vissuta all’aperto e sotto gli occhi di tutti… senza pudore e senza rispetto per se stessi e per gli altri, senza pudore e senza rispetto per una sessualità svenduta e svuotata di qualsiasi umanità.

Il vuoto di pudore e di rispetto era anche in tutto quello che accadeva attorno.

Sembrava un circo, dove due clown fanno il loro show mentre il pubblico applaude e ride. Sembrava un gioco pubblico, dove al centro della scena i due attori si davano da fare per ottenere il consenso dei presenti.

Sembrava un accoppiamento tra animali, dove il pubblico di curiosi si diverte a vedere quanto umani possano sembrare certi atteggiamenti animali dimenticando di sottolineare quanto animaleschi possono essere le modalità umane.

Nello spettacolo gratuito e open-air c’era la folla, c’erano gli attori-bestie, e c’era anche un altro personaggio divenuto ormai immancabile, il telefonino che riprende.

Scioccante la scena in sé, che dal punto di vista della cronaca deve essere mostrata, e senza veli, così come la rappresentazione ha voluto: è un fatto.

L’analisi, però, surclassa la cronaca e, dopo la denuncia dei fatti in sé, un po’ di riflessione non deve mancare.

Assoluta la mancanza di valore, anche in assenza di legami sentimentali seri, di un sesso che diviene meno che accoppiamento.

Scioccante la giostra dei presenti intenti a ridere e riprendere invece di bloccare e intervenire: atti osceni in luogo pubblico, chiunque avrebbe potuto e dovuto denunciare… ma lo “show must go on”, non importa quanto squalificante anche per una città come Napoli che sta cercando di risorgere.

Smarrito, imbarazzato, solo il pudore scappava via, non visto ed eluso, imbarazzato e vergognoso. Ciò che è rimasto è la depravazione degli attori quanto del pubblico godente, come gli antichi romani che nelle arene vedevano i cristiani massacrati e dilaniati dalle belve. Qui le vittime non erano vitime e per questo, una volta tanto “non innocenti”.

Ecco, senza vergogna la rappresentazione è arrivata fino in fondo, senza vergogna ha varcato la soglia dell’iper riproducibilità telematica, probabilmente nella consapevolezza di ottenerla, il che senza dubbio deve aver accresciuto l’eccitazione.

Senza vergogna gli attori hanno penetrato la soglia dell’immortalità. Senza vergogna la scena ha macchiato per sempre di volgarità un gesto che non sarà dimenticato, forse persino emulato… mi domando, sarà mai compreso?

Chi lo compie, riuscirà mai a vergognarsi della mancanza di pudore e rispetto per se stesso? C’è poi la mancanza di rispetto per la gente costretta a subire spettacoli di una volgarità arrogante; mancanza di rispetto per una città che si apre al turismo cercando di mostrare che oltre la violenza c’è tanto buono e tanto bello.

Dopo un’azione così, potrà mai la memoria individuale ricostruire la propria purezza e l’immagine senza averne vergogna? Questo vale per i giullari al centro della scena quanto per chi rideva e filmava l’uomo e la donna mentre diventavano obbrobri della dignità e della vita e della vita stessa.

di Loredana De Vita