Proprio nella giornata di ieri ricorreva l’anniversario delle Quattro giornate di Napoli, i festeggiamenti in ricordo della prima insurrezione italiana che nel 1943 spianarono la strada alle truppe americane, le quali (al contrario di come si insegna nelle scuole) non liberarono l’Italia ma la occuparono solo dopo che quest’ultima insorse vittoriosamente).
Aggiungiamo a questo punto però una seconda, ma non trascurabile, precisazione, la quale non vuole togliere nulla ai martiri napoletani e alle donne coraggiose del ponte della Sanità, ma solo sottolineare che le coscienze napoletane non furono solitarie, ma condivisero la passione della svolta al cambiamento con tutto il Mezzogiorno.
La prima città ad insorgere e a liberarsi dei nazifascisti non fu Napoli ma la più piccola ed aspra città di Matera. Non tutti conoscono la “Strage di Matera”, le uccisioni effettuate dagli squadroni nazisti della I Divisione paracadutisti sotto il comando del maggiore Wolf Werner Graf von der Schuenburg, al fine di sedare la ribellione di Matera del 21 settembre 1943, evento in cui mancarono 6 militari e 16 civili.
La prima città libera del Mezzogiorno fu, dunque, Matera, insignita il 21 settembre del 1966 della medaglia d’argento al valore militare. L’insurrezione materana avvenne in seguito ai rastrellamenti e ai saccheggi precedenti alla ritirata nazista e a partire da una escalation di violenza da parte dei cittadini.
I primi arresti e incarceramenti nel Palazzo della Milizia nazionale furono quelli di Natale Farina e Pietrantonio Tataranni, due veterani di ritorno dal fronte e arrestati il primo pomeriggio del 21 settembre, ma ciò che accese effettivamente la miccia della rivolta popolare fu una tentata rapina a una gioielleria da parte di due militari tedeschi. Seguì all’evento un conflitto a fuoco tra questi primi e due militari italiani.
Dopo l’uccisione dei nazisti e un tentato occultamento di cadaveri, vi fu l’accoltellamento di un militare austriaco in un salone per opera di un civile, Emanuele Manicone, che provò a provocare la reazione della cittadinanza. Quest’ultima rispose alla chiamata, con una organizzazione inaspettata, comandata dal sottotenente Francesco Nitti. Le operazioni furono concepite come una guerriglia animata in settori strategici della città. Gli scontri più cruenti furono quelli della Prefettura, delle Campagne meridionali, e del campanile della Mater Domini. Grazie al cecchino Nicola Di Cuia le truppe naziste non riuscirono ad avanzare presso la Prefettura, dove già persero la vita 4 cittadini in un primo scontro. La guerriglia entro nel vivo quando i reparti della Guardia di Finanza si aggiunsero a un gruppo di civili, momento a cui seguirono le raffiche di mitragliatrici tedesche, l’assedio del Palazzo dell’elettricità, il cannoneggiamento del Palazzo della Milizia (in cui trovarono la morte 16 tra militari e civili).
Le operazioni di guerriglia cittadina evitarono il bombardamento della città da parte alleata e le demolizioni dei palazzi storici da parte dei nazisti.
Tra i martiri e i più coraggiosi combattenti per la della libertà ricordiamo:
l’Ingegner Raoul Papini (47 anni), Pasquale Zigarelli (40 anni), lo studente Michele Frangione (19 anni), Nocera Antonio (37 anni), De Vito Pietro (25 anni), Farina Natale (19 anni), Farina Francesco (44 anni), Tataranni Pietro (29 anni), Greco Mario (37 anni), Semeraro Raimondo (37 anni), Speciale Tommaso (34 anni), Lecce Francesco (36 anni), Luisi Vincenzo (16 anni),Guida Eustachio (43 anni), Loperfido Francesco Paolo (44 anni), Lamacchia Antonio (69 anni), Paradiso Eustachio (77 anni), Ignoto.
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