Profugo e laureato: lo “strano” caso di Omar?

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Nel Dicembre 2015 in un affollato incontro pubblico a Napoli, il 18enne gambiano Omar Marong testimonia a tanti in modo commovente la sua difficile storia di profugo, aprendo il cuore e la mente sulla realtà dalla presenza di tanti giovani migranti e profughi nelle nostre società.

Infatti Omar parte appena 16enne dal Gambia – pagando più di mille euro guadagnati con piccoli lavoretti – e dopo un pericolosissimo viaggio di 6 mesi nel deserto attraverso Senegal, Niger, Libia, attraversa il Mediterraneo a bordo di un gommone di scafistie arriva in Italia. Sapeva“di avere più probabilità di morire che di sopravvivere”, ma è spinto da un sogno più forte della dittatura senza diritti del suo Paese, delle difficoltà di studiare legate alla sua numerosa famiglia, più forte perfino dei rischi di un viaggiocertamente terribile: il sogno di studiare.

Giunto in Italia a Pozzallo, va poi ad Agrigento e infine a Napoli, dove frequenta la Scuola gratuita di Lingua e Cultura Italiana di Sant’Egidio e dove prende prima la Maturità e poila Laurea. Non tralasciando di svolgere attività di volontariato a favore dei più svantaggiati, si laurea in Scienze Politiche alla Federico II° di Napoli con una tesi incentrata sul suo Paese.Il suo sogno oggi, attraverso la Laurea magistrale in International Relations, è diventare diplomatico o ministro in Gambia.

Profugo e laureato: lo “strano” caso di Omar?

Il punto è: la storia di Omar è l’eccezione di un giovane eccellente o è una strada percorribile da tanti migranti?

La prima fondamentale questione è che – come dice Omar riferendosi agli ex bambini come lui considerati ”minori non accompagnati”, privi di diritti di cittadinanza –“qui in Italia non avete le idee chiare sull’immigrazione e sull’integrazione e non sapete veramente noi chi siamo”.

L’ assenza di conoscenza diretta e il conseguente atteggiamento di pregiudizio e chiusura verso chi si percepisce come un peso, è fotografato

dall’autorevole“Dossier Statistico Immigrazione 2022”:“Gli oltre 100 milionidi migranti forzati (soprattutto a causa delle 32 guerre in corso, delle crisi alimentari e climatiche  e del COVID-19) sono percepiti come“ospiti indesiderati” dal Nord del mondo che si configura come “la più grande comunità recintata del pianeta”, protetta da una fitta schiera di muri e barriere artificiali”.

In particolare nel 2021 nell’Ue tra le domande di asilo dei rifugiati (appena lo 0,8% della popolazione totale), colpisce l’ampio numero riguardante minorenni: 183.720, quasi 1 ogni 3 (il 29,0% del totale). Di queste, 23.335 riguardano minori stranieri non accompagnati- come Omar appunto –pari al 19% delle persone prese in carico dal sistema di accoglienza, conun incremento del 42,2%.

Lo spiccato isolamento e le radicate disuguaglianze sociali, acuitisi durante la pandemia, hanno contribuito a determinare, per la prima volta nella storia dell’immigrazione nel Paese, anche una diminuzione degli studenti stranieri nelle scuole, con un’incidenza che passa dal 12% delle scuole primarie, all’8% delle superiori, per scendere ad appena il 5% tra gli iscritti alle università.

Eppure, come ha scritto recentemente Francesco Dandolo, “dall’interesse sui profughi giunti fra noi e con cui oggi viviamo insieme si ricava uno spaccato decisamente positivo, con percorsi di integrazione difficili ma rapidi e di grande impegno, con un atteggiamento prevalente di partenza di profonda gratitudine verso l’Italia e che suscita la volontà di mettersi a disposizione per il benessere della nostra società”.

Tanti giovani migranti come Omar, se gliene viene offerta l’opportunità, iniziano con estrema serietà percorsi di studio e poi lavorativi anche complessi. Non a caso proprio negli ultimi mesi nelle università campanesi sono laureati diversi giovani arrivati dall’Africa attraverso i “viaggi della speranza”.E’ un trend in crescita, su cui riflettere. E anche investire.

Perché il valore aggiunto di queste storie a lieto fine è che la rinascita umana e sociale di questi ragazzi, perseguita con determinazione attraverso mille vicissitudini, insegna tanto ai nostri giovani in termini di motivazione e di speranza, e alla società tutta nell’indicare una stradacomune meno autocentrata, e quindi più umana.