Proibizionismo e droga

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cannabis

di Vincenzo Vacca.

Purtroppo, siamo abituati come opinione pubblica a interessarci, e spesso a dividerci in schieramenti contrapposti, sui problemi che come Paese affrontiamo allorquando accade un determinato fatto eclatante. In special modo, con il sangue si genera una particolare attenzione che pretende azione, almeno per qualche giorno.
Giusto il tempo per sbollire l’ indignazione e rivolgere lo sguardo al successivo eclatante evento a forte impatto mediatico.
È una costante regola a cui ci siamo assuefatti. Basti pensare alle mafie che operano tutti i giorni e in tutte le ore, ma ce ne ricordiamo solo quando si verificano i morti ammazzati o se sentiamo uno sparo e, quindi, percepiamo il pericolo.
Infatti, il sangue non si può nascondere.
Fa momentaneamente saltare tutte le tesi che ridimensionano il problema. Anzi, fino a qualche decennio fa avevamo a che fare con delle tesi addirittura negazioniste del fenomeno mafioso, ma la verità è che siamo tutti esposti ed è pura illusione pensare che non ci succederà nulla, se ci comportiamo bene. In realtà, nessuno è al sicuro.
Sto parlando di fatti che non sono né episodici, né laterali alla vita del Paese e di tanta parte del mondo.

Un settore di enorme guadagno per la criminalità mafiosa, e soprattutto per la ‘ ndrangheta, è il traffico di stupefacenti che costituisce un flusso perenne e continuo. Si calcola che i sequestri effettuati dalle Forze di polizia sono solo il 10/15 per cento degli stupefacenti in circolazione.
Un dato che fa rabbrividire, ma che dovrebbe originare una seria riflessione, non ideologica, sulla scelta proibizionista che quasi tutti gli Stati hanno fatto per provare ad arginare questo drammatico fenomeno.
Non a caso il tema vero non è quello di una eventuale liberalizzazione delle droghe leggere, perché di fatto queste godono già di uno scenario di liberalizzazione.
Coloro che decidono di fare uso di stupefacenti sanno bene dove andare per procurarsene e gli arresti, ancorché numerosi, nonché le condanne aprono vuoti nelle reti di spaccio che una nuova leva di spacciatori sarà felice di colmare.

Occorre, quindi, sottrarre questo immenso mercato alle mafie che vedrebbero dimezzati profitti e potere. I profitti vengono centuplicati dal riciclaggio e dagli investimenti in settori economici e finanziari legali, mentre il potere criminale si rafforza in modo esponenziale sul territorio grazie alla presenza capillare degli spacciatori.
Tutti gli storici sono concordi nel sostenere che il proibizionismo dell’ alcol negli Stati Uniti ha avuto solo l’effetto di arricchire le organizzazioni criminali.
La strada unica del proibizionismo ha dimostrato, credo indiscutibilmente, di non riuscire ad arginare la pervasiva diffusione dell’uso di droghe.
È giunto il tempo di inserire nell’agenda politica questo grande tema non più confinabile esclusivamente in una ottica di repressione penale.
Alcuni anni fa, la Direzione Nazionale Antimafia, in una relazione annuale, fece presente di non essere in grado di contrastare il fenomeno dello spaccio diffuso, prospettando al legislatore l’ opportunità di ragionare sulla depenalizzazione.

A questo proposito, vale la pena sottolineare un aspetto in ordine al contenuto delle droghe leggere. Infatti, “l’erba” che si spaccia in Italia è molto più pesante rispetto a 10 – 15 anni fa, in quanto questa trasformazione trae origine dal regime di illegalità che rende impossibile i controlli.
Quindi, se è vero che la marijuana e gli altri derivati della cannabis non sono innocui e inoffensivi, è anche vero, come già detto, che ciò è acuito proprio dall’ aspetto rigorosamente probizionista.

Infatti, se la cannabis fosse legalizzata, il consumatore sarebbe a conoscenza di cosa sta fumando. Saprebbe le percentuali di composizione dello “spinello”, mentre attualmente siamo in un vero e proprio regime di liberalizzazione illegale che ha creato un mercato in cui si può comprare qualsiasi sostanza, in qualsiasi piazza d’Italia. Potrà apparire paradossale, ma la legalizzazione delle droghe leggere tutelerebbe meglio la salute del consumatore delle stesse.
Inoltre, mi chiedo perché una persona, se vuole acquistare della droga leggera che, tra l’ altro, ha una sua accettabilità sociale e non provoca la morte, deve entrare in contatto con dei criminali. I quali offrono tutto il ventaglio di droghe possibili su cui, come accennato, non c’è alcun tipo di controllo.

Qualcuno sostiene che la repressione penale dell’uso delle droghe leggere serve per dissuadere. Credo che le considerazioni riportate inizialmente in questo articolo smentiscano la capacità di dissuasione a fronte della penalizzazione, ma occorre evidenziare che un’altra forma di cattiva dipendenza, ovvero il tabagismo che è legale, pur causando tantissimi morti ogni anno, è stata fortemente frenata dalle campagne di informazione sugli effetti nocivi che sono, secondo molti esperti, peggiori delle droghe leggere.

La controversa legge Fini – Giovanardi, mentre ha dimostrato di non aver avuto alcun effetto dissuasivo, dopo nove anni di applicazione, ha portato l’Italia ai primi posti in Europa per il consumo di droghe, nonché a ingolfare di processi i Tribunali e ad aumentare esponenzialmente la popolazione carceraria.

Il fallimento delle politiche proibizioniste in materia di droghe deve indurci a cambiare radicalmente registro e la depenalizzazione di quelle leggere sarebbe anche una forma verifica circa l’ opportunità di depenalizzare anche le altre droghe.