Quirinale 2013, Napolitano di nuovo al Colle

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Giorgio Napolitano bissa. E per la prima volta nella storia della Repubblica un presidente viene riconfermato al Quirinale.

La giornata si prospettava pesantuccia dopo quella convulsa di ieri, che aveva visto un Pd con l’acqua alla gola, e acqua per di più anche avvelenata. Un’ipotesi però che non era mai stata accantonata dai partiti, i quali infatti sono saliti al Colle, uno a uno, a scongiurare Napolitano di rinunciare all’imminente trasloco. In una serie di dichiarazioni via via più incessanti, tra esponenti dei partiti e note del Quirinale, si faceva sempre più evidente l’ipotesi, diventata realtà poi alle 14,30 circa, di una ricandidatura di Napolitano. «Mi muove in questo momento il sentimento di non  potermi sottrarre a un’assunzione di responsabilità verso la nazione, confidando che vi corrisponda un’analoga collettiva assunzione di responsabilità.»

Napolitano al sesto scrutinio, dopo il quinto di schede bianche e di voto di M5s, Vendola e qualche democratico, è eletto: 738 voti contro i 217 di Rodotà. La sensazione è che questa rielezione sia anche stata un tentativo dell’ormai ex segretario Bersani, dimissionario, di tenere unito il partito, che rischiava lo sfaldamento. La batosta per il centrosinistra è forte, poiché Vendola, dopo aver detto no a re Giorgio e rivotato Rodotà, annuncia che l’8 maggio farà un incontro a Roma per fondare un nuovo partito di sinistra, a cui aderirà sembra anche il ministro Francesco Barca, che «aiuti a ricostruire la tela della sinistra di cui abbiamo bisogno».

Ma non solo. Il Presidente è di fatto il viatico all’intesa per il Governo del paese, Pd-Pdl-Lega-Sc appoggerebbero un governo targato Enrico Letta che dovrebbe tradurre in realtà le proposte messe a punto dai famosi saggi. Questi i primi movimenti.

Per molti però, è solo l’inciucio che si fa realtà dopo il temporeggiamento. Grillo che grida al golpe, e chiama il popolo a milioni quasi a marciare su Montecitorio, non può però dire di non aver voluto quel temporeggiamento e questa rielezione, a cui farà battaglia convinto che la linea delle poltrone attaccate culo indebolisca ancor di più gli altri: e favorisca il consenso al M5s. D’altra parte però questo risultato non può non essere visto come un no alla domanda di cambiamento che buona parte del Paese vede così un tantinello messa in secondo piano, ma giusto un puntino…

E gli altri, appunto? Pd-Pdl-Sc-Lega tutti a dire che era la cosa giusta da fare di fronte allo stallo dei veti incrociati e dei grillini. Renzi da par suo benedice anche il prossimo cambiamento nel Pd, che ora dice «può cambiare senza paura». E pensare invece che è bastata l’immobilità di fronte al marasma per far fare una bella figura di coerenza e unione a Berlusconi e alla Lega.

Ora, chiunque sarà chiamato ad essere il capitano della nave, che sia un governo politico di larghe intese alla tedesca o un nuovo governo tecnico, la domanda è se potrà e vorrà agire realmente per una svolta, che ci manca soltanto ce la incomincino a chiedere pure i proverbiali sassi. Fate presto però.

Giancarlo Manzi