Si è giunti oggi al secondo giorno di votazioni al Quirinale: anche questa volta terza e quarta chiama fallimentari. Stamattina voto di “transizione”, con 465 schede bianche, 250 per Stefano Rodotà, 22 per Romano Prodi, 33 Massimo D’Alema, 12 per Giorgio Napolitano, 9 per Anna Maria Cancellieri. La Lega e il Pdl avevano già annunciato la scheda bianca ed era, quindi, prevedibile la non elezione di nessun candidato con il quorum a 672. Il discorso cambia per la quarta votazione, poiché è diversa la maggioranza richiesta per l’elezione del Presidente, non più di 2/3, ma assoluta, a quota 504. Prodi arriva solo a 395 voti, Rodotà a 213, ben sopra il numero di grandi elettori del M5s. Il ministro Cancellieri a 78, D’Alema a 15.
Il Pd aveva mostrato un’unanime convergenza verso Prodi, ma a conti fatti, però, sono un centinaio i voti mancanti dal centrosinistra. Probabilmente un segno tangibile della spaccatura profonda ormai tra anima ex Ds e quella ex Dc. La Lega e il Pdl invece in aula non ci sono per protesta contro il nome dell’odiato ex presidente del Consiglio, definendone la candidatura “antidemocratica”, ma funzionale sicuramente a fare la guerra al Pd. Per Schifani adesso tocca ai berlusconiani fare una rosa di nomi. Rodotà fino allo sfinimento per Fico e il M5s.
Il Professore sembra ormai fuori dai giochi, non solo a sensazione, ma anche perché Renzi uscendo dal comune di Firenze dice chiaramente che Prodi a questo punto è saltato. Il Sel dice di aver votato compatto e quindi leale alla scelta dei democratici, poiché sulla scheda hanno scritto tutti «R. Prodi». Scelta civica compatto sulla Cancellieri, che ottiene un segnale confortante sia nei nove voti di surplus rispetto al numero dei montiani, sia perché nel tram tram di dichiarazioni post-voto si incomincia a parlare di profilo ‘super super partes’.
La partita si complica, perché il Pd a questo punto sembra un bersaglio colpito da tutti i lati dell’emiciclo: ‘trombati’ letteralmente già due nomi proposti, Prodi e Marini, chi esce a pezzi è sicuramente il centrosinistra. Una possibilità prima del coma potrebbe essere un colpo di coda su Rodotà, ma forse manca il coraggio e la volontà di accogliere il nome più gettonato al di fuori del Parlamento.
Presidenzialismo no, perché non previsto dall’ordinamento, ma un orecchio teso all’esterno delle Camere, forse, sarebbe solo buon senso.
Ancora, e purtroppo, buon Quirinale a tutti.
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