La notizia del pentimento di Antonio Iovine, detto ‘o ninno, boss dei casalesi per anni a capo del clan insieme a Francesco “Sandokan” Schiavone, Francesco Bidognetti detto Cicciotto ‘e Mezanotte e “capastorta” Michele Zagaria, ha destato non poco scalpore sui giornali locali e nazionali. Molti nomi illustri del panorama politico e intellettuale del Mezzogiorno e dell’Italia intera, da Saviano a Angelino Alfano, l’hanno interpretato come segnale di una lenta, inesorabile e progressiva perdita di potere da parte della camorra casalese, un importante colpo messo a segno dallo Stato nella lotta contro la camorra, l’occasione tanto attesa per alzare il velo di Maya sugli oscuri rapporti tra criminalità organizzata e imprenditoria campana e non solo.
Antonio Iovine, da 4 anni a regime di carcere duro dopo 3 lustri di latitanza, ha deciso di pentirsi e diventare collaboratore di giustizia lo scorso 22 maggio. Una notizia che ha sconvolto profondamente l’opinione pubblica. Ora, dopo essere stato messo sotto protezione, Iovine ha iniziato a parlare. Le sue prime dichiarazioni hanno tenuto banco dall’inizio settimana sulle pagine dei più importanti quotidiani locali e nazionali. Il giro di mazzette del Tribunale di Napoli che avrebbe permesso al pentito di scampare a una condanna per duplice omicidio versando a giudice e avvocato corrotti la “modica” somma di 250mila euro ha occupato con titoloni a caratteri cubitali le prime pagine di tutti i giornali. Ma le rivelazioni di Iovine non si fermano al sistema di corruzione interno alla magistratura partenopea. Vanno ben oltre, svelando inquietanti dettagli sui rapporti tra la camorra casalese e la politica campana. Ecco quello che la maggior parte dei giornali locali non dice.
Come denunciato sia dal blog Napolionline sia dal quotidiano online Il Velino, i grandi giornali locali e nazionali tacciono omertosamente la verità su alcune dichiarazioni di Iovine. L’unico che ha avuto il coraggio di raccontarle, verbali alla mano, è stato Giovanni Bianconi, autorevole giudiziarista italiano, che sulle pagine de Il Corriere della Sera ha dedicato un lungo e approfondito articolo alle rivelazioni emerse dai verbali degli interrogatori di Antonio Iovine. In cui appare evidente il legame a stretto giro intessuto dalla camorra casalese con la sinistra in Campania. Legame che vede coinvolti personaggi più o meno noti agli inquirenti: dall’imprenditore Giovanni Malinconico, nel 2012 condannato a 6 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, a Achille Natalizio, ex bassoliniano e ex presidente dell’Area Sviluppo Industriale di Caserta, all’attuale eurodeputato Pd Massimo Paolucci allo stesso Antonio Bassolino, ex governatore della Regione Campania e attualmente presidente della Fondazione Sudd.
Un legame sottile, quello tra la camorra e la sinistra campana, che però emerge in maniera chiara dai racconti di Antonio Iovine, riassunti dalla penna di Bianconi. Tra Iovine e Malinconico infatti esisteva una “società”, un vero e proprio rapporto di collaborazione “continuativa”, potremmo dire, iniziato nel 2000, quando, avendo in gestione un grosso cantiere, l’imprenditore Malinconico stipulò con Iovine un patto da 250 mln di lire per garantirsi protezione. Una protezione a tutto tondo, che tutelava Malinconico dalla possibilità che qualcuno interferisse “chiedendo dei soldi, bloccando cantieri, chiedendo l’assunzione di persone, chiedendo di preferire alcune imprese per le forniture, ad esempio, di calcestruzzo, chiedendo di favorire alcune imprese per i subappalti e così via” scrive il giornalista Bianconi. Un “pacchetto completo” che regolava i conti con la camorra attraverso l’intercessione del solo Iovine, unico “riferimento” di Malinconico, e che permetteva all’imprenditore di svolgere in tranquillità i propri affari. Ma chi era davvero Giovanni Malinconico? Pur non essendosi mai impegnato politicamente, Malinconico aveva come referente Achille Natalizio, a sua volta referente politico nel casertano per la sinistra campana e anche per lo stesso Antonio Bassolino. “Così, quando arrivavano finanziamenti sul consorzio di Caserta, sapevamo che potevamo contare sul legame tra Malinconico e Natalizio” racconta Iovine parafrasato dalla penna di Bianconi.
Rivelazioni che sembrerebbero trovare conferma nei resoconti fatti da Malinconico ai magistrati subito dopo il suo arresto per concorso esterno in associazione mafiosa: in quell’occasione l’imprenditore raccontò di aver foraggiato ampiamente la campagna elettorale per le elezioni regionali del 2005 (secondo mandato di Bassolino) pagando i conti di cene a Città della Scienza da mille euro a persona e versando una somma pari a circa 3mila 500 euro alla Fondazione Sudd. Alcune “mazzette” servirono anche a finanziare, tramite la mediazione di Natalizio, la campagna elettorale Massimo Paolucci, recentemente eletto al Parlamento Europeo grazie al sostengo dell’omonimo D’Alema. Dai racconti di Malinconico insomma, spiega ancora Bianconi, emerge con prepotenza la figura di Natalizio, intermediario politico di importanza cruciale. Fu grazie a lui e alla società di cui era diventato presidente, una Società Mista tra Regione Campania e il gruppo Intini di Enrico Intini (personaggio già coinvolto nell’inchiesta sulle escort di Berlusconi insieme a Gianpaolo Tarantini, condannato a ottobre 2013 per associazione a delinquere proprio per illecito nell’aggiudicazione di appalti sulla sicurezza a Napoli), se Malinconico riuscì a partecipare, e probabilmente anche ad aggiudicarsi (ma Malinconico non lo dice: “Non so dire se ci siano stati interventi per manovrare la gara”) l’appalto di 5 mln di euro bandito dalla Regione Campania, di cui all’epoca era presidente Bassolino. “Evidentemente la mia appartenenza alla medesima cordata politica, certamente procurava una certa disponibilità politica nei miei confronti” scrive Bianconi riportando le parole di Malinconico.
Un intricato intreccio di rapporti personali e professionali che, seguendo il filo delle infiltrazioni camorristiche nell’imprenditoria locale porta fino al cuore della politica (della sinistra, del Partito Democratico) campana. Disegnando un quadro abbastanza chiaro di quali fossero i rapporti, gli equilibri di potere, i favori da ricambiare e gli interessi in ballo. Ma che, per ragioni oscure e non meglio specificate, la maggior parte dei giornali, soprattutto campani, preferisce non raccontare.
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