Satira o razzismo sui napoletani?
Vivo a Barcellona. Sono napoletano. Qualche giorno fa su Facebook mi sono imbattuto casualmente in un video: il francese Lilian Thuram, l’ex giocatore, tra le altre, della Juventus e del Barcellona, era stato invitato alla trasmissione televisiva “Le invasioni barbariche” condotta da Daria Bignardi.
L’argomento principale è il razzismo e Thuram, da anni attivista e ambasciatore UNICEF nel mondo, è il personaggio giusto per parlare del problema razzismo negli stadi italiani. Sono tanti i passaggi interessanti dell’intervista, ma la parte che più mi colpisce è quella in cui Thuram afferma che spesso parlava di razzismo con l’ex compagno di squadra, il napoletano Fabio Cannavaro.
Fabio, come tanti altri napoletani su molti campi di calcio, veniva insultato con il termine terrone. La conduttrice ritenendo l’aneddoto forse una battuta, scoppia in una fragorosa risata seguita dall’applauso di tutto il pubblico presente in studio. Ma Thuram, da vero campione, la zittisce affermando che non lo “faceva ridere perché anche questo dimostra i pregiudizi che si può avere fra il Sud e il Nord”. Thuram ha capito benissimo l’aria che si respira in Italia. Le cose che succedono nel mondo del calcio sono le cose che succedono nella società.
Ultimamente sembra che Napoli e i napoletani siano presi di mira. Beppe Grillo, riferendosi alla pentastellata Ruocco, seduta affianco a lui afferma “Guardatela, è una napoletana onesta. Ma sei geneticamente modificata?”. Una battuta, una semplice battuta. Come sono semplici sfottò le canzoncine cantate dai leghisti o i cori da stadio “Vesuvio lavali col fuoco” (attenti che poi il Vesuvio si vendica: durante la partita Cesena Napoli appena la curva cesenate ha intonato l’odioso coro ha subito il gol di Higuaín). Se un napoletano si lamenta o si offende o reagisce agli insulti, nel migliore dei casi viene dipinto come un permaloso.
In questi giorni sento utilizzare sempre più spesso il termine satira riferendosi a questo tipo di battute. Quando si fa notare che la satira è ben altro, rispondono, senza alcun senso, “non eravamo tutti Je suis Charlie?” riferendosi al terribile attentato di Parigi dove sono stati uccisi alcuni giornalisti e vignettisti della rivista Charlie Hebdo. C’è tanta confusione. E ignoranza. Dire o scrivere “Je suis Charlie” non significa di certo poter dire tutto di tutti e insultare e offendere nascondendosi dietro la giustificazione della libertà di stampa, pensiero ed espressione. O satira.
Il razzismo e gli attacchi verso i napoletani ormai sono istituzionalizzati anche nella lingua italiana. La Treccani, punto di riferimento linguistico italiano, tra gli altri significati, definisce in questo modo la parola “Napoli”: “Designazione e appellativo ingiurioso, usato talvolta per designare i napoletani o, più generalmente, un meridionale immigrato nel Nord d’Italia”. Potrei fare una lista lunghissima di esempi di questo tipo tutti riferiti a Napoli e ai napoletani. Evito. Dietro lo scherzo, lo sfottò, la battuta, la “satira” si nasconde un germe pericoloso di cui è impregnata la nostra società: il razzismo sui napoletani, sui meridionali.
Concludo raccontando un’esperienza personale che mi è capitata pochi mesi fa a Barcellona. Ero per strada a fare delle riprese e improvvisamente si avvicina un ragazzo accompagnato dalla figlia. Si presenta, è milanese ed è un conoscente di un mio caro amico napoletano. Mi fa i complimenti per i video che faccio. Dice che pur essendo tifoso del Milan gli piacciono i lavori che ho realizzato sui tifosi del Napoli. Lo ringrazio e mi fa piacere notare che c’è ancora qualcuno che riesce a superare la rivalità sportiva. La mia gioia dura il tempo di un secondo. La bambina, forse stanca, si agita e grida. Il padre cerca di calmarla e le dice “tranquilla, anche se è napoletano è una brava persona”. Rimango senza parole. Ma è una battuta, uno sfottò, uno scherzo, qualcuno parlerebbe erroneamente di satira. In fondo sono napoletano…ci può stare.
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