La prima immagine che colpisce cominciando a leggere “A Dio piacendo” di Salvatore Giordano, edito da Nulla Die, è quella di pienezza e fruibilità.
“Pienezza” non in riferimento al numero, peraltro congruo, delle pagine, ma alla ricchezza dei contenuti; “fruibilità” peril modo non semplice ma diretto di esprimere i contenuti stessi che invita i “neofiti”, come lo stesso autore definisce i lettori non avvezzi a temi come quello trattato, a lasciarsi coinvolgere.
Una pienezza e fruibilità che accresce la curiosità del lettore invitandolo ad entrare nel percorso tracciato e aiutandolo a più riprese a divenire “protagonista” del saggio in esame.
Il titolo, “A Dio piacendo”, e il sottotitolo, “La secolarizzazione al tempo del fondamentalismo nel disincanto del mondo globalizzato”, sostengono e sottolineano meglio tale duplicità mentre contemporaneamente esemplificano il contesto.
A Dio piacendo, è un’espressione di uso comune che “non ha a che fare con la pratica religiosa” spiega l’autore, ma si interseca con una sorta di “religione fai da te” in cui il sacro e il profano si miscelano, interferendo l’uno con l’altro, ma anche stabilendo equilibri che difficilmente possono essere ignorati.
Secolarizzazione e Fondamentalismo, invece, nella duplice accezione di profano (laico) e “nuovo” sacro (intendendo il fondamentalismo come una nuova “religione” nel mondo globalizzato di cui forse è contemporaneamente causa ed effetto), contestualizzano il saggio in un’analisi del presentesebbene l’autore parta dall’analisi e dalla critica al pensiero di Max Weber con particolare riferimento al suo “L’etica protestante e lo spirito capitalistico”.
L’Autore suggerisce, infatti, di “non considerare obsoleti quei termini che sono parte del nostro oggi” e, sebbene “siamo tutti portati a pensare che il nostro sia il tempo della razionalità e della secolarizzazione”, sarebbe meglio disporsi a osservare e riflettere sulla realtà senza consentire che la modernità (o post modernità) segua il suo corso come se fosse naturale e non fosse invece costruito da esseri pensanti in grado anche di contrastarne alcuni aspetti.
Salvatore Giordano, editor e sociologo, insegna Scienze sociali ed è autore di molte Opere in cui è evidente la sua attenzione per i problemi sociali e umani della società contemporanea dal punto di vista di un osservatore attento, critico, ma anche capace di “mettersi in gioco” in prima persona.
In “A Dio piacendo”, l’Autore cerca continuamente la complicità del lettore con cui interloquisce in un dialogo che non appare unidirezionale né accademico, ma fatto di “ascolto” reale delle difficoltà e del confronto.
Molti sono, infatti, gli esempi semplici che consentono la comprensione e assimilazione dei pensieri più complessi espressi dall’Autore che inizia la sua disanima dal pensiero di Max Weber all’interno del quale conduce i lettori interrogando se stesso e invitando i lettori a interrogarsi sul suo percorso di analisi.
Di particolare interesse è la puntualizzazione sulla coincidenza tra cultura e civiltà in Weber che anticipa, in epoca non sospetta, i futuri contrati causati in un mondo globalizzato, o apparentemente tale, come quello in cui viviamo. Se, cioè, cultura e civiltà coincidono tanto da rendere la cultura Occidentale come quella riconosciuta universale, almeno questo è l’esito dalle colonizzazioni in poi, che cosa accade a una società quando nella molteplicità delle culture e degli stili, delle fedi e dei significati, nessuna società può più considerare se stessa come Universale?
Salvatore Giordano opera una scelta multifattoriale, considera, quindi, più eventi e possibilità allo scopo di rifiutare una pretesa di unicità e il punto di vista singolo, ma che si impone di guardare a una realtà ben più complessa: non una realtà, dunque, ma “le realtà”.
Ne consegue che la “secolarizzazione” si presenta come causa ed effetto di nuovi fattori che influenzano e interferiscono con la realtà quotidiana. Questo è possibile poiché la secolarizzazione è “un processo sociale” che si modifica secondo le nuove e molteplici spinte culturali che determinano la realtà (o che ne sono determinate).
Seguendo il pensiero di Weber, l’Autore crede che l’eventuale superiorità della cultura occidentale è destinata a essere superata come conseguenza della “razionalizzazione” e “disincantamento” del mondo.
Di grande rilievo l’analisi del legame tra secolarizzazione, capitalismo e cristianesimo, attraverso la quale l’Autore esamina il pensiero di Weber e Marx insieme per quanto riguarda il concetto di profitto e impresa, ma ne sottolinea la distanza per l’attenzione che Weber ha per il concetto di etica che, indubbiamente, pone (o dovrebbe) limiti anche al sistema capitalistico.
Che cosa accade quando capitalismo e religione si identificano? Lo spirito del capitalismo, è noto, è il guadagno; si deve forse immaginare un “dio denaro”? O, per citare con l’Autore Pier Paolo Pasolini, “non un dio uno e trino, ma un dio quattrino”?
L’Autore analizza il pensiero religioso, il concetto di servizio e di lavoro e il ruolo della religione come “mezzo efficace per assicurare un controllo incessante su ogni sfera dell’esistenza” persino sottraendola all’influsso del maligno.
Concludendo, secolarizzazione, fondamentalismo e esperienza del sacro sono processi culturali, mentali e sociali e, come tali, non esenti da contrasti e conflitti proprio a causa della varietà evidente e continuamente in evoluzione.
Il saggio, A Dio piacendo, si arricchisce della interessante introduzione di Laura Tussi e della valida Prefazione di Gianluca Fiusco.
recensione di Loredana De Vita