Ricordare ha un significato nella misura in cui si interiorizzano i motivi per i quali persone come Giuseppe Salvia si sono impegnate nel lavoro e fuori dal lavoro. E la diffusione del libro di Antonio Mattone può tornare molto utile a questo scopo.
Tra i tanti meriti del libro di Antonio Mattone “La vendetta del boss – l’ omicidio di Giuseppe Salvia” c’è quello di contribuire alla conoscenza di un segmento della storia di Napoli e del nostro Paese, a partire dalla biografia di un Giusto ovvero del Dottor Giuseppe Salvia che è stato ViceDirettore del carcere di Poggioreale. Un penitenziario che finalmente da alcuni anni ha preso il nome di questo valoroso Funzionario dello Stato.
Antonio Mattone focalizza particolarmente gli anni settanta e ottanta che hanno visto gradualmente espandersi la forza e la ferocia della camorra e a questa si aggiunse la presenza del terrorismo rosso, infatti le Brigate Rosse, dalla fine dei citati anni settanta, per frenare la loro crisi, decisero di iniziare una nuova stagione terroristica in una realtà nella quale erano stati sostanzialmente assenti: Napoli.
La città era così piena di drammatici problemi che offriva nelle loro intenzioni ottime possibilità di reclutamento.
Come detto, Antonio Mattone ci offre sia il ricordo del Dottor Salvia, barbaramente ucciso il 14 aprile del 1981, sia una descrizione della situazione criminale della città partenopea, la quale ha una sua centralità nel carcere di Poggioreale.
Nella sua storia, la camorra ha sempre posto una particolare attenzione al carcere, luogo di dominio dei boss, nonché di reclutamento criminale, ma con l’ impero del male messo in piedi da Cutolo, questa caratteristica viene particolarmente accentuata.
Lo scontro sanguinario tra Nuova Camorra Organizzata, capeggiata da Cutolo, con la Nuova Famiglia, ossia un cartello di clan camorristico che si opponevano a una sorta di monopolio criminale costruito dalla NCO, avveniva sia in città e nel suo hinterland che nel carcere.
Anzi, con la reclusione di Cutolo nel penitenziario di Poggioreale, la contrapposizione tra le fazioni camorristiche, veniva diretta dal boss dalla sua cella di detenzione, dalla quale riusciva a fare i suoi ordini di morte.
Con il suo libro, Mattone ci descrive il vero e proprio inferno che si era venuto a creare nel carcere partenopeo, infatti Cutolo, al fine di rafforzare il suo prestigio di boss, teneva molto a garantirsi una serie di privilegi.
Basti pensare che aveva un altro detenuto che gli faceva da assistente o che otteneva che la sua cella rimanesse aperta.
Il Dottor Salvia si opponeva a tutto ciò, imponendo il rispetto del regolamento carcerario.
L’ episodio dello schiaffo che Cutolo diede a questo integerrimo Funzionario per evitare la perquisizione nei suoi confronti non fa che da detonatore nella decisione di uccidere il Dottor Salvia.
Infatti, Mattone ricostruisce l’ intera biografia professionale del Vicedirettore evidenziandone sia la scrupolosità nel fare osservare le norme, ma anche la forte sensibilità umana nel relazionarsi con i detenuti e con le loro famiglie, oltre che nel lavorare con i propri collaboratori.
Il Dottor Salvia, nel contrapporsi alla tracotanza camorristica presente nel carcere, si distingueva anche nel pensiero e nell’ azione, ritenendo coloro che avevano violato la legge come persone che possono essere reintegrate nel consesso civile. Evidentemente, aveva fatto proprio il dettato costituzionale che interpreta la pena finalizzata al recupero del detenuto. Una pena non solo afflittiva, ma volta a una emancipazione della persona dal suo stato di criminale.
L’ autore del libro, infatti, narra di una serie di episodi che dimostrano questo approccio da parte del Dottor Salvia in linea con lo spirito della nostra Costituzione e, anche per questo, non voleva tollerare situazioni di privilegio e di comando nei confronti dei propri sodali da parte di colui che in quella fase storica era il boss dei boss: Raffaele Cutolo.
Come è capitato a tanti che sono caduti sotto il piombo dei mafiosi, era rimasto solo. Nel carcere era presente un clima di intimidazione, paura e, a volte, di collusione con esponenti criminali.
Inoltre, il Ministero da cui dipendeva non faceva molto per sostenerlo e Mattone riferisce di alcuni strani episodi in ordine a provvedimenti di trasferimenti di detenuti provenienti dal Ministero stesso.
Ma il merito del libro di Mattone sta anche nel fatto che egli narra anche la biografia personale del Dottor Salvia.
La sua infanzia, i suoi studi fatti con molto scrupolo, l’ incontro con la ragazza che diventerà sua moglie, Giuseppina Troianiello, i figli che verranno, Claudio e Antonino, le sue amate partite di calciobalilla fatte anche con dei ragazzi del quartiere dove abitava, ed egli ne approfittava per parlare con questi ragazzi dell’ importanza della legalità.
Non è esagerato definirlo un Giusto, una persona che credeva nello scopo ultimo del suo lavoro fatto con totale dedizione: diminuire la disumanità nel nostro vivere sociale.
Mattone ci parla di come amava intensamente la sua famiglia il Dottor Salvia, smentendo il luogo comune della contrapposizione tra cura della famiglia e assolvimenti delle proprie funzioni pubbliche.
Infatti, per delegittimare l’ immagine di chi si frappone ai poteri criminali, si tende a descriverli solo come dei “fissati del proprio lavoro” che trascurano i loro cari.
La biografia del Dottor Salvia, così ben raccontata da Antonio Mattone, smentisce questa surreale contrapposizione e conferma che chi si batte contro il male, comunque esso ai manifesti, è capace di amare i suoi cari. Anzi, questo amore fa da linfa al suo impegno quotidiano.
Non è facile sintetizzare il contenuto del libro di cui stiamo parlando che, nonostante sia costituito di circa 500 pagine, si legge tutto di un fiato, ma mi sta a cuore sottolineare che questo lavoro storico e letterario sta anch’ esso contribuendo a riscoprire la figura del Dottor Salvia.
Nella memoria collettiva della nostra città, quest’ uomo non è ricordato come meriterebbe. Ancora tanti, troppi, non sanno chi è stato e perché è stato ucciso.
Fanno bene i figli del Dottor Salvia, Claudio e Antonino, ad attivarsi per la memoria del proprio padre e per rilanciare presso le nuove e nuovissime generazioni i valori per i quali è morto.
Ricordare ha un significato nella misura in cui si interiorizzano i motivi per i quali persone come il Dottor Salvia si sono impegnate nel lavoro e fuori dal lavoro e la diffusione del libro di Antonio Mattone può tornare molto utile a questo scopo.