Reddito di cittadinanza, può essere pignorato: ecco quando

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Il reddito di cittadinanza può essere pignorato. A stabilirlo un’ordinanza del tribunale di Trani

Il reddito di cittadinanza è pignorabile. E’ quanto ha disposto un’ordinanza del tribunale di Trani in contrasto con quanto disposto dalla normativa applicata finora. In pratica, scrive laleggepertutti.it, lo Stato può riprendersi il sussidio nel caso in cui il percettore non riesca a saldare un debito con il Fisco. O che deve essere versato all’ex coniuge in caso di divorzio. Come, appunto, ha deciso il tribunale pugliese.

Cosa dicono i giudici? Nell’ordinanza, si legge che “deve ritenersi pignorabile, senza l’osservanza dei limiti di cui all’ articolo 545 del Codice di procedura civile, il reddito di cittadinanza, stante l’assenza nel testo del decreto istitutivo di qualunque riferimento alla natura alimentare di detto reddito ed il carattere predominante di misura di politica attiva dell’occupazione“.

Che cosa significa? L’ordinanza cita l’articolo 545 del Codice di procedura civile. Leggere il suo contenuto è fondamentale, perché elenca i crediti che non possono essere pignorati. Tra questi ci sono i crediti alimentari ed i sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri.

Il tribunale di Trani si è espresso sul caso di una coppia divorziata giunta davanti al giudice perché l’ex marito non versava l’assegno di mantenimento all’ex moglie. L’ordinanza ha accolto il ricorso della donna e ha stabilito che l’uomo deve pagare all’ex coniuge una parte del sussidio che riceve dallo Stato. Anzi, non lo farà lui direttamente: lo farà l’Inps, che tratterrà ogni mese dal reddito di cittadinanza l’importo fissato dal giudice e lo girerà all’ex moglie.

Secondo il giudice, il reddito di cittadinanzapuò essere utilizzato per i bisogni primari delle persone delle quali il titolare ha l’obbligo di prendersi cura, anche se non fa più parte dello stesso nucleo famigliare“. Nel valutare la possibilità di pignorare il reddito di cittadinanza – si legge nell’ordinanza – deve tenersi conto di questi elementi:

– la definizione contenuta nella norma che istituisce il sussidio quale misura “contro la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro e della libera scelta del lavoro“;

– l’assenza nel decreto di qualunque riferimento alla natura alimentare del reddito di cittadinanza, anzi da non essere considerata vista la platea di beneficiari esclusi dal novero dei beneficiari, tra cui, ad esempio, gli inabili al lavoro;

– il carattere predominante del reddito di cittadinanza come strumento di politica attiva dell’occupazione;

– la natura eccezionale e di stretta interpretazione delle disposizioni che prevedono divieti di pignorabilità rispetto ad un principio generale.

Per il tribunale, insomma, non ci sono dei motivi che escludano “l’ammissibilità dell’ordine di pagamento diretto al coniuge di una quota del reddito di cittadinanza erogato all’altro, inadempiente agli obblighi scaturenti dalla separazione”.

Anzi: “L’ordine di pagamento diretto può essere emesso per l’intera somma dovuta dal terzo“. Il che significa che il giudice può anche decidere il versamento dell’intero importo del sussidio a beneficio dell’ex. Pignoramento vero e proprio, come ricorda lo stesso giudice in questa ordinanza. (Boom delle spese militari nel 2020 nonostante la pandemia)