Essendo un referendum abrogativo per essere valido deve recarsi alle urne la metà più uno degli aventi diritto
Referendum 12 giugno 2022. Dalla legge Severino alla custodia cautelare, dalla separazione delle funzioni tra giudici e pm alla partecipazione di avvocati e accademici alle valutazione dei magistrati, alla raccolta di firme per candidarsi al Csm.
Oggi, 12 giugno gli italiani sono chiamati a esprimersi su 5 quesiti in materia di giustizia, presentati dalla Lega e dai Radicali e dichiarati ammissibili dalla Consulta. Il sesto quesito, quello sulla responsabilità civile dei magistrati, è stato invece bocciato dai giudici costituzionali.
Un voto su cui pesa l’incognita del quorum, perché essendo un referendum abrogativo per essere valido deve recarsi alle urne la metà più uno degli aventi diritto, e che oltre a dividere i partiti, anche per la sovrapposizione con la riforma Cartabia, visto che alcune delle questioni poste sono oggetto del disegno di legge già approvato alla Camera e ora all’esame del Senato, è accompagnato da polemiche sul poco spazio dato dai media all’informazione sui quesiti e, nelle ultime ore, anche sulla decisione di rendere obbligatoria la mascherina ai seggi, sia per gli elettori sia per gli scrutatori, una scelta che i promotori e i sostenitori del referendum considerano un deterrente alla partecipazione dei cittadini.
Il primo quesito riguarda l’abrogazione del decreto legislativo numero 235 del 2012, la cosiddetta Legge Severino, che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza dalle cariche elettive per rappresentanti di governo, consiglieri regionali, amministratori locali e sindaci in caso di condanna.
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Con una differenza: che per gli amministratori locali è sufficiente la condanna in primo grado per alcuni reati gravi, mentre per gli incarichi nazionali le norme valgono dopo la condanna definitiva. La vittoria del sì comporterebbe la decadenza della legge, e quindi l’abolizione dell’automatismo: sarebbero i giudici a decidere sui singoli casi, volta per volta, se applicare l’interdizione dai pubblici uffici.
Il secondo quesito propone la limitazione delle misure cautelari: si chiede di intervenire sull’articolo 274 del Codice di procedura penale eliminando la reiterazione del reato tra i motivi per cui è possibile per i giudici, anche per reati non gravi, disporre la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari nel corso delle indagini. Se vincesse il sì la possibilità di applicare misure cautelari agli indagati rimarrebbe per i casi di pericolo di fuga e inquinamento delle prove mentre per il rischio di reiterazione dello stesso reato varrebbe solo nel caso di reati di particolare gravità.
Eliminare la possibilità per i magistrati, nel corso della propria carriera, di passare dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice e viceversa. E’ quanto propone il terzo quesito referendario. Oggi questo passaggio è consentito per quattro volte, mentre la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm prevede una sola possibilità. Di fatto la prevalenza dei sì determinerebbe una separazione delle carriere, tra requirente e giudicante, e porterebbe i magistrati a dover scegliere dall’inizio una delle due senza potere più cambiare.
Il quarto quesito riguarda la possibilità che i ‘laici’, avvocati e professori universitari, esprimano il proprio voto nei consigli giudiziari e nel Consiglio direttivo della Cassazione sulle valutazioni dei magistrati. Si propone l’abrogazione delle norme in materia di composizione dei consigli e di competenze dei componenti laici. Attualmente sulle valutazioni di professionalità dei magistrati si esprime il Csm, in base ai giudizi espressi dai Consigli nei quali però possono votare solo i magistrati. La questione è affrontata in parte anche dalla riforma Cartabia, che però prevede l voto degli avvocati solo se c’è una segnalazione su fatti specifici da parte del Consiglio dell’ordine.
Infine il quinto quesito propone l’abrogazione di alcune norme in materia di elezione dei togati al Consiglio superiore della magistratura. In particolare chiede di eliminare l’obbligo di raccogliere dalle 25 alle 50 firme per potere presentare la propria candidatura: nelle intenzioni dei proponenti un modo per evitare che dietro i candidati al Csm ci sia il sistema delle correnti. La riforma del governo interviene sul punto, creando un sistema elettorale misto, maggioritario con correttivo proporzionale, che non previste liste ma candidature individuali.