Alla fine vince il 4 dicembre, praticamente l’ultima data utile e le polemiche, non poche, sul referendum costituzionale e sulle modalità di calendarizzazione della consultazione referendaria sfociano in un ulteriore fronte di protesta. Il governo ha deciso la data del referendum costituzionale: ancora dieci settimane, dunque, una settimana in più rispetto all’altra ipotesi sul tavolo, il 27 novembre. E una data, peraltro, a ridosso del Ponte dell’Immacolata.
Le opposizioni, da Forza Italia a Sinistra italiana, al Movimento cinque stelle, alla Lega Nord si compattano nell’accusa lanciata al governo di aver fatto ancora slittare l’appuntamento con le urne per allungare la campagna elettorale. Senza interpellare mai le opposizioni. Una mossa tattica quella di avere più tempo per recuperare consensi per il “sì” incalzato e secondo alcuni sondaggi superato dai sostenitori del “no”. Proprio il capogruppo azzurro Brunetta, mentre plaude al ricorso del Codacons “contro un quesito ingannavole“, cita un sondaggio di Renato Mannheimer (Eumetra Monterosa) secondo il quale i “no” sarebbero volati al 55%. Secondo il senatore azzurro Maurizio Gasparri “il 4 dicembre è una data ridicola ma l’importante è votare” e poi, osserva il senatore leghista Roberto Calderoli, anche in questa occasione la sinistra non si smentisce e “Renzi si dimostra vittima della sindrome di Tafazzi…“: ci sarà più tempo per spiegare le ragioni del “no”. Alfredo D’Attorre (Si) parla di “un’ennesima prepotenza istituzionale di questo governo“, mentre i capigruppo Arturo Scotto e Loredana De Petris sono convinti che “gli italiani non si faranno ingannare dai trucchi di Renzi“.
Il Movimento cinque stelle parla di una “indegna melina” sulla scelta della data senza consultare le opposizioni. Ma c’è di più.Come spiega Giulia Grillo, portavoce cinquestelle alla Camera, il “governo ha scelto una data distante in modo da poter utilizzare la legge di bilancio per regalare mancette elettorali agli italiani“, che “non ci cascheranno“.
Tacciono i big della minoranza dem ad eccezione di Massimo D’Alema che è durissimo: far votare il 4 dicembre “in un paese che è in crisi e con in Parlamento l’esame la legge di stabilità” è “da irresponsabili“. Anche il senatore ‘dissidente’ Federico Fornaro si pronuncia ma in modo molto più ‘soft’: siamo davanti alla “più lunga campagna elettorale della storia d’Italia, essendo di fatto iniziata a giugno 2016“.
Ma spostare in avanti la data per la consultazione referendaria significa anche più tempo per consentire l’approvazione, almeno alla Camera, della legge di stabilità. Che, com’è naturale, è in cima alle preoccupazioni del Quirinale. “Siamo stanchi – ha sbottato il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky che guida il comitato per il “no” -, ci si faccia la grazia di portarci alle urne. Questo referendum ci sta prendendo per stanchezza“.
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