Riconosciuta come perseguitata ebrea, dopo la morte lo Stato chiede indietro 80mila euro al marito 99enne

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Riconosciuta come “perseguitata razziale”, dal 2007 al 2018, quando è morta, ha ricevuto l’assegno vitalizio di benemerenza che si rilascia ai cittadini italiani vittime di persecuzioni. Ora, però, i famigliari rischiano di dover restituire quel vitalizio, 80mila euro. A denunciare la vicenda è Ariel Finzi, rabbino della Comunità ebraica di Napoli e figlio di Messauda Fadlun, classe 1928, ebrea nata a Bengasi e cresciuta a Tripoli. Ieri la corte dei conti di Torino, competente per questo tipo di controversie, ha sospeso il provvedimento che dava ragione allo Stato e che la famiglia della donna aveva impugnato in attesa di ulteriori riscontri.

“Lo Stato chiede a mio padre Alberto, che ha quasi 99 anni, la restituzione di quella somma”, spiega Ariel Finzi sulle pagine locali del quotidiano la Repubblica. Alla donna è stato contestato che, essendo nata e cresciuta in Libia, non aveva in quel momento la piena cittadinanza italiana. E da questo, secondo gli uffici ministeriali, derivava l’insussistenza del diritto al vitalizio. Un’altra discriminazione per i famigliari della donna deceduta.