Rilanciare la partecipazione democratica

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di Vincenzo Vacca

È indubitabile che la pandemia Covid 19 costituisce da ogni punto di vista un prima e un dopo. Un profondo spartiacque tra lo stile di vita che avevamo prima della diffusione di questa terribile malattia e quello che abbiamo assunto dopo. Il prolungato confinamento ha reso nostalgico gesta, comportamenti che davamo per scontati, naturali. I baci, gli abbracci, persino una stretta di mano, sono cose che torneremo a fare in un futuro non definibile. Gli incontri con altre persone che stiamo timidamente riprendendo a fare, sono svolti con una serie di necessarie cautele: mascherine, distanziamenti, etc.. Inoltre, questa ripresa dei rapporti sociali potrebbe essere fortemente pregiudicata, se i contagi dovessero riprendere in modo preoccupante, come ci ricordano costantemente i vari scienziati, il cui parere è, naturalmente, fortemente tenuto in considerazione da parte dei Governi. Per ovvie ragioni, la scienza ha assunto una posizione prevalente su tutto.

In attesa di un vaccino, la cui futura somministrazione alla popolazione mondiale è già diventata una forte fonte di polemiche e di scontri, dovremo continuare a essere sostanzialmente guardinghi nei confronti delle persone che incontriamo nei luoghi del lavoro e in qualsiasi altro luogo.

Per quanto imposti e necessari, questi nuovi comportamenti di massa incideranno, e non poco, nell’immaginario collettivo. Pensiamo semplicemente a nuove relazioni di amicizia o a nuove relazioni amorose, in che modo e quanto incideranno nel farci rinunciare? La paura di essere contagiati ci renderà sospettosi ogni volta che per qualsiasi motivo ci relazioneremo, e non con un video, con gli altri. Certo questo accadrà anche con le persone che conoscevamo già prima della pandemia, ma certamente con quelle che conosceremo in questo periodo saremo ancora più sospettosi.

Per non parlare di coloro che amano partecipare attivamente a varie attività sociali, politiche, sindacali o, comunque, associative di qualsiasi genere. Dovranno affrontare una serie di perplessità e paure. Di fatto, questo pone un serio problema di democrazia, se per questa intendiamo la partecipazione dei cittadini a tutte le forme di “agorà”. E non può certo essere una definitiva soluzione a questo problema l’ uso della tecnologia per sopperire alla mancanza o alla rarefazione di contatti fisici, corporei e non solo attraverso scambi verbali che avvengono mediante un video.

Quello che ho evidenziato, come ho già accennato, influenzerà molto le nostre coscienze, il nostro sguardo sul mondo, la nostra voglia di dare un contributo concreto al cambiamento per provare a rendere le nostre vite degne di essere vissute. Infatti, tutti coloro che non si accontentano del mero appagamento dei bisogni primordiali, ma ritengono importante prendere parte alla vita collettiva, nelle sue varie forme ed espressioni, saranno penalizzati in questo periodo caratterizzato da necessarie cautele.

Certo, “primum vivere“, ma dobbiamo stare attenti a non acquisire definitivamente un habitat mentale inesorabilmente emergenziale. Dobbiamo sforzarci, pur nel pieno rispetto delle norme, a provare a riprendere il gusto, l’entusiasmo per partecipazione alla vita collettiva che, in fin dei conti, è partecipazione alla vita democratica, altrimenti rischiamo che, anche quando sarà possibile incontrarsi senza le attuali cautele ovvero quando sarà disponibile l’ agognato vaccino, ci apparirà meno necessario il nostro apporto ai molteplici momenti di aggregazione sociale che non siano semplicemente ludici, di divertimento o di consumo.

Credo che non sia di poco conto sollevare una questione di questo tipo, se si considera che la pandemia che ci ha colpito e che non è ancora alle nostre spalle ha messo a nudo una serie di profonde contraddizioni e problemi non più rinviabili. Il nostro quotidiano stile di vita va radicalmente ripensato e non solo come una forma di autocoscienza da parte di ciascuno di noi, ma anche e soprattutto come riflessione delle modalità di produzione e di consumo degli ultimi trent’anni. Mi rendo conto di sollevare una serie di problemi estremamente complessi e, quindi, non esauribili con una mera evocazione. Ma sono problemi per i quali urge una attenzione e un approfondimento quanto più diffusi possibili per sollecitare una governance mondiale diversa, soprattutto in ordine al rapporto tra gli esseri umani e la natura.

Ecco perché credo che anche in questo momento particolare occorra la partecipazione di cui parlavo precedentemente. La pandemia ci ha fatto toccare con mano che la crisi ambientale non è un tema per anime belle. È un tema incombente che riguarda tutti e non è esagerato dire che è un tema che afferisce il futuro dell’umanità. Un futuro non lontano. Un futuro molto prossimo come i tantissimi morti di Covid 19 testimoniano.

Prima dell’attuale pandemia, i cinici o negavano il problema di una grave crisi ambientale o sostenevano che sarebbe stato un problema solo per le nuove e nuovissime generazioni. Intanto, quest’ultima affermazione è da rifiutare già sulla base di un recupero della solidarietà intergenerazionale. Ma il mondo sta vivendo un dramma che smentisce platealmente anche la prima affermazione. La crisi ambientale va affrontata ora. Non è più assolutamente rinviabile anche per la vivibilità dell’ attuale generazione.