Ritorno in classe, Ricciardi avvisa: “E’ a rischio la riapertura delle scuole”

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“I banchi monoposto e le sedute attrezzate saranno consegnati a partire dai primi giorni di settembre e fino al mese di ottobre nei diversi istituti scolastici italiani che ne hanno fatto richiesta. La distribuzione avverrà secondo una programmazione nazionale e una tempistica che terrà conto delle effettive priorità scolastiche e sanitarie dei vari territori, garantendo in tal modo il normale avvio dell’anno scolastico in piena sicurezza”. È quanto si legge in una nota diramata dagli uffici del Commissario Straordinario per l’emergenza Covid 19, Domenico Arcuri. Ma la riapertura delle scuole è tutt’altro che certa, secondo quanto afferma Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza in una intervista al ‘Messaggero’. Secondo Ricciardi, se nei prossimi giorni il numero dei contagi continuerà a crescere, “c’è un problema serio da affrontare. Non è ipotizzabile solo la chiusura di aree con focolai, ma anche che non riaprano le scuole a settembre”. “Noi possiamo e dobbiamo lavorare perché le scuole riaprano, ma è chiaro che se abbiamo una esacerbazione e una crescita dei casi, si riapre un enorme punto interrogativo, perché di fatto in queste condizioni le scuole potrebbero essere fonte di nuovi focolai”. L’epidemia in questi giorni non sta risparmiando più neanche le regioni che nei mesi scorsi sembravano quasi immuni dal rischio. “La problematicità è diffusa su tutto il territorio nazionale. Non c’è nessuna zona che parte avvantaggiata o svantaggiata. Tutto dipenderà dalla capacità che avranno i territori e le autorità sanitarie di intercettare e circoscrivere i focolai. Naturalmente, ogni sviluppo futuro dipenderà soprattutto dal comportamento delle persone”. Il tutto tenendo sempre presente che “non c’è nessuna parte del territorio nazionale che oggi è immune. Tutte quante le regioni sono vulnerabili e a rischio e ripartono da una condizione simile”. “In questo momento – prosegue Ricciardi – il contagio è alimentato sostanzialmente per circa il 30-35 per cento da quei turisti italiani che ritornano dall’estero, e sono soprattutto ragazzi. Poi un altro 40 per cento è autoctono, sono focolai cioè originati o trasmessi in famiglia o in comunità. Infine, un 20-30 per cento di persone sono turisti, oppure migranti, o comunque persone che vengono dall’estero”.