Vincenzo Vacca recensisce per RoadTv Italia l’ultimo libro di Viola Ardone “Il treno dei bambini”
di Vincenzo Vacca
Da alcuni mesi, ma soprattutto nelle ultime settimane, nel panorama letterario si discute del contenuto del bel libro di Viola Ardone “Il treno dei bambini” – Ed. Einaudi. Qualche giorno fa, inoltre, in una delle librerie più attive di Napoli, Iocisto, insieme all’autrice, è stato presentato il libro. Un libro che sta appassionando molto, in quanto narra della storia di un bimbo napoletano degli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale che, nell’ambito di una straordinaria iniziativa dell’U.D.I. e del Partito Comunista, viene affidato ad una famiglia emiliana.
La “gara di solidarietà” raccontata da Viola Ardone
Infatti, dal 1945 al 1952, le menzionate organizzazioni promossero per diverse migliaia di bambini napoletani, ma anche di altre zone del centro sud, il trasferimento temporaneo in zone del Nord d’Italia, ma per tanti divenne volontariamente definitivo con il consenso della famiglie d’origine. Il tutto, evidentemente, finalizzato a sottrarli alla fame, alla miseria e all’analfabetismo. E’ un nobile pezzo della nostra storia, ma è, ai più, sconosciuto. Uno dei primi meriti che va ascritto a Viola Ardone, è quello di aver significativamente contribuito a far uscire da un certo oblio questa vera e propria gara di solidarietà che fu fatta in quegli anni. Le difficoltà non furono solo di ordine organizzativo, ma anche quelle inerenti a confutare una serie di pregiudizi diffusi, innanzitutto, da settori monarchici e da quelli più retrivi del mondo cattolico. Arrivarono a dire di tutto di questa iniziativa: i bambini sarebbero stati portati in Russia, ai bambini sarebbero state tagliate le mani o messi nei forni. Insomma, furono artatamente diffuse notizie terrorizzanti allo scopo di far fallire l’iniziativa. Nonostante ciò, come già detto, migliaia bambini si avvalsero del sincero, proficuo accudimento di tante famiglie del Nord. Famiglie, tra l’altro, non benestanti che vivevano, quasi sempre, di lavori umili, ma che accettarono ugualmente di accogliere i bambini del Sud.
La storia di Amerigo
Tornando al romanzo, la scrittrice scrive, con uno stile letterario lodevole, capace di entrare in sintonia con il lettore, di un bambino di sette anni, Amerigo, che vive in una situazione di estrema povertà con la mamma nei Quartieri Spagnoli. La mamma decide di farlo partire, consapevole che è un modo di sottrarlo, almeno provvisoriamente, dalle estreme difficoltà in cui vive. E’ chiaro che non è facile per un bambino separarsi, anche se provvisoriamente, dalla propria madre e, già da qui, la scrittrice riesce a trasmettere i sentimenti di un piccolo uomo di fronte a una partenza di questo genere. Comunque, alla fine del viaggio, la cui descrizione è assolutamente straordinaria, Amerigo viene affidato alle cure di una donna, una attivista del Partito Comunista, e vive un periodo sereno, durante il quale scopre una certa attitudine per la musica. Non diciamo altro del romanzo, solo che contiene una serie di colpi di scena imprevedibili. Naturalmente, è una storia tanto immaginata quanto veritiera di quello che hanno potuto pensare e vivere tutti i veri protagonisti di questa nobile pagina di storia italiana.
Una Italia che, pur vivendo una situazione estremamente difficile, eravamo appena usciti da vinti da un conflitto mondiale, trova lo slancio, la forza per aiutare coloro che erano stati maggiormente colpiti dalle conseguenze della guerra. Si teorizza e si pratica la solidarietà, anche nella convinzione diffusa che o il Paese intero riusciva a ricucire le ferite micidiali inferte dalle operazioni di guerra o non si sarebbe mai più sollevato. In quegli anni, nessuno coltivava l’illusione di potersi salvare trascurando la ricostruzione di zone non immediatamente vicine. La straordinarietà di questa iniziativa risulta ancora più evidente per il fatto che è stata pensata e
attuata in una fase storica di forte scontro ideologico, accentuato fortemente dalla divisione in due blocchi contrapposti del mondo. Quella che viene chiama la “guerra fredda”.
Ma una generazione temprata dalla guerra e dalla Resistenza è stata capace, anche nei momenti di estrema tensione politica e sociale, di non strumentalizzare la povertà e la disperazione, ma di imboccare un cammino che alla fine ha portato a un maggiore benessere diffuso e a una emancipazione sociale e di genere.
Il libro “il treno dei bambini “ di Viola Ardone ci ricorda, in questi tempi in cui domina un egoismo diffuso, che l’Italia può affrontare i nuovi e drammatici problemi facendo ricorso soprattutto ai profondi valori umani di quel periodo e narrati da questo prezioso romanzo.