Sull’account Facebook ufficiale dello scrittore e giornalista Roberto Saviano troviamo una foto a bordo di un aereo in decollo e alcuni celebri versi di una canzone di Paolo Conte: “Via, via, vieni via di qui. Niente più ti lega a questi luoghi, neanche questi fiori azzurri. Via, via, neanche questo tempo grigio, pieno di musiche e di uomini che ti son piaciuti“. In questo modo, Saviano decide di salutare Napoli e l’Italia per tornare negli Stati Uniti. Forse per sempre.
Dopo l’assoluzione dei boss, Roberto Saviano dice addio all’Italia
L’autore di Gomorra, all’indomani della sentenza che ha visto assolti i boss casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, accusati di aver minacciato in aula lui e la giornalista Rosaria Capacchione durante il processo “Spartacus” nel 2008, e dopo la condanna dell’avvocato dei due, Michele Santonastaso, ritenuto l’unico autore delle minacce a sfondo mafioso, lascia la sua terra natia con l’amaro in bocca ringraziando chi è sempre stato dalla sua parte. “Torno in America. Tu resteresti in Italia dopo che hanno assolto Iovine e Bidognetti?“, chiede Saviano a Massimo Giannini durante la puntata di Ballarò a cui ha partecipato come ospite.
L’Associazione nazionale magistrati: “amarezza e sconcerto”
Silvana Sica, presidente dell’Anm (Associazione Nazionali Magistrati) di Napoli, firma una nota in cui si esprime “amarezza e sconcerto” per le dichiarazioni di Roberto Saviano all’indomani della sentenza di assoluzione dei boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine dall’accusa di averlo minacciato. “Ancora una volta, a fronte di una decisione di un organo giurisdizionale non gradita, non si esita a delegittimare la magistratura accusandola addirittura di pavidità“, secondo l’Anm, tali affermazioni potrebbero minare la fiducia dei cittadini nella giustizia.
Capacchione: “La sentenza è giusta!”
La giornalista , vittima delle minacce insieme a Roberto Saviano, ha pubblicato una lettera sul Messaggero intitolata “Caro Saviano, non sono d’accordo, quella sentenza per me è giusta“. Nella lettera si legge: “Il fatto è che giornalisti e opinionisti, a partire da me, si affannano a parlare dell’avvento della borghesia mafiosa che ha soppiantato i vecchi boss con la coppola storta e la lupara; ma poi, quando si scontrano un vero borghese mafioso, con un professionista prestato alla mafia non lo riconoscono. Quando lo incontrano cercano mille pretesti per non tributargli la patente di mafiosità. Vorrebbero che fosse armato e che parlasse lo slang casalese e che indossasse la vecchia divisa, così rassicurante con le macchie di sangue e il suo visibile potere di minaccia. È anche per questo che quando una sentenza finisce per condannare il colletto bianco e assolvere i vecchi mafiosi, ci si straccia le vesti gridando alla giustizia negata“.