Roma-Napoli, il Derby del Sole precipitato in un vortice di odio e livore

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La cronistoria di un fiero gemellaggio che si è trasformato in una rivalità ambientale senza quartiere.

di Bruno Marra

C’era una volta il Derby del Sole. Con tanto di gemellaggio e folclore che attraversava 200 chilometri di passione. C’era una volta la storia di due tifoserie fiere e orgogliose delle proprie radici, che viaggiavano a braccetto per lottare unite contro il potere del Nord.

C’era una volta la favola di Napoli e Roma, che si è tramutata in una cronaca di odio sportivo e guerriglia urbana. Domenica tornerà la sfida con i connotati di match “campale” per la zona Champions. Con la certezza di assistere una serata di sport e di nobiltà pedatoria. Questa volta non ci saranno dispositivi di allarme rosso perché il Covid si è sostituito all’ormai solito divieto di trasferta all’Olimpico.

Eppure negli ultimi decenni ci stiamo abituando a questo clima di ostilità tra le due squadre regine del Sud che hanno sciolto il legame di simbiosi per essere coinvolte in una disputa ambientale senza quartiere.

Sembra una normalità, quasi consuetudine oggi, eppure un tempo sarebbe stato un abominio.  Ma come si è arrivati a tutto ciò?

Sembra un po’ una storia epica e medievale, riconducibile a Orazi e Curiazi piuttosto che a Guelfi e Ghibellini. Due fazioni che un tempo appartenevano allo stesso ceppo, alla stessa famiglia e che improvvisamente sono diventati nemici per la pelle.

Il primo casus belli avvenne negli anni d’oro: ottobre del 1987. Il Napoli andò all’Olimpico con lo scudetto sul petto. Era lo squadrone denominato MAGICA, l’acronimo di Maradona, Giordano e Careca. La Roma era quella del post Falcao, in fase calante dopo i fasti del tricolore. Quel giorno splendeva il Sole sulle due Curve gemellate, ma finì con una graduale eclisse. La Roma era avanti 1-0 ed il Napoli restò in 9 uomini per le espulsioni di Renica e Careca. Sembrava una festa giallorossa e invece nella ripresa, al volger del tramonto, Gianni Francini gira di testa all’incrocio un cross di Diego: 1-1. Un pareggio che sa di vittoria per gli azzurri e di disfatta per i romanisti. Al termine del match Salvatore Bagni, subissato di fischi, si fa scappare il gesto “dell’ombrello” sotto la Curva Sud. Apriti cielo. Il gemellaggio di fatto si rompe quel pomeriggio e concretamente si sfalda al ritorno quando al San Paolo succede il quarantotto con scontri dentro e fuori lo Stadio.

Seguirà un trentennio di scontri, livore e brutalità. Nel maggio 2001 la Roma giocò la potenziale partita scudetto a Fuorigrotta. Il Napoli riuscì a pareggiare 2-2. A fine gara non si contano feriti, macchine incendiate e fumogeni che formarono un enorme fungo nebuloso nella stazione di Campi Flegrei, come in uno scenario apocalittico. Il culmine della barbarie giunse nella tristemente famosa finale di Coppa Italia del 2013 tra Napoli e Fiorentina e l’omicidio di Ciro Esposito a qualche chilometro dall’Olimpico.

La pagina più aberrante del calcio violento di ultima generazione. Una notte triste, desolante, buia che ancora deve passare e che nessuno potrà mai dimenticare, né cancellare. Il tragico epilogo di un gemellaggio che in 30 anni è precipitato in un vortice di terrore. E pensare che un tempo lo chiamavano semplicemente “Il Derby del Sole”…