“Rugantino” fa 60 anni e torna in scena: ad aprile all’Augusteo con Serena Autieri

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“Rugantino” torna in scena nell’edizione del sessantennale, con la regia originale di Pietro Garinei e Serena Autieri a vestire i panni di Rosetta.

Era il dicembre del 1962, quando sul palco del Sistina di Roma debuttava “Rugantino”, la commedia musicale di Garinei e Giovannini (scritta con Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa e la collaborazione artistica di Gigi Magni) che pescando a piene mani dalla tradizione popolare romana consacrava al teatro e al grande pubblico quel giovane un po’ spaccone e nullafacente, che nella Roma papalina del 1830 viveva di espedienti aiutato dalla fida Eusebia e finiva per pagare con la vita l’amore sincera per la bella Rosetta. Sulle note intramontabili di Armando Trovajoli, al tempo protagonisti erano Nino Manfredi, Aldo Fabrizi e Lea Massari.

Oggi “Rugantino” torna in scena (dal 10 al 27/3 al Sistina e dal 3 al 10/4 all’Augusteo di Napoli) nell’edizione del sessantennale, con la regia originale di Pietro Garinei, le scene di allora di Giulio Coltellacci e la supervisione di Massimo Romeo Piparo. E, soprattutto, con Serena Autieri che torna a vestire i panni di Rosetta, come quattro anni fa accanto a Enrico Montesano, e Michele La Ginestra nuovamente Rugantino, dopo averlo interpretato già nel 2001 con Sabrina Ferilli e poi nel 2004. Con loro anche la “veterana” Edy Angelillo nel ruolo di Eusebia e Massimo Wertmuller “debuttante” nei panni di Mastro Titta.

“Il palcoscenico, in questi due anni, mi è mancato tantissimo – racconta la Autieri all’ANSA – Rugantino è una pietra miliare, la gente ha sempre voglia di vederlo. E poi non è solo spettacolo: c’è tanta verità, messaggi importanti”. “La grande scommessa per me è tornare a indossare quei panni dopo tutti questi anni, ‘da anziano’ – scherza La Ginestra – Rugantino è il tipico romanesco di un tempo, uno che preferisce perdere un amico che una battuta. Oggi manca quel modo disincantato di affrontare le questioni importanti. Paradossalmente, anche se una coltellata scappava, era una Roma molto meno violenta e volgare”.