“Con l’inchiesta Why not (Luigi De Magistris, ndr) si era avvicinato troppo, come già Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ai centri occulti del potere, ma a lui era stata riservata un’altra sorte, non la morte, quella riservata a tanti altri magistrati che fino all’ultimo avevano mantenuto fede al proprio giuramento, non la strage che provoca l’orrore e la reazione dell’opinione pubblica, ma la delegittimazione e l’avocazione delle inchieste”.
Salvatore Borsellino su De Magistris: “Lui come Falcone e Borsellino, si avvicinò troppo ai centri occulti del potere”
Sono parole dure, pesanti, forti, convincenti, che gettano una nuova luce sul caso della condanna (e relativa sospensione) di Luigi De Magistris a un anno e tre mesi per un abuso d’ufficio commesso quando era pm a Catanzaro e responsabile dell’inchiesta Why Not sui rapporti tra imprenditoria locale, politica e massoneria. Sono parole pesanti, perché insinuano il sospetto, condiviso da molti, che dietro la condanna di De Magistris ci siano occulte e potenti mani che chiedono, come punizione esemplare per aver indagato troppo, la delegittimazione dell’attuale sindaco di Napoli. Sono parole forti, ma a pronunciarle è una personalità altrettanto forte: Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, eroe della lotta alla mafia, e dalla mafia ucciso nel lontano 1992.
È proprio il fratello di Paolo Borsellino, che da 22 anni (cioè da quel tragico 19 luglio del ’92) è impegnato nella lotta alla mafia con il “Movimento Agende Rosse”, a paragonare la sorte di De Magistris a quella di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in una lettera scritta in segno di solidarietà con Luigi De Magistris. Una lettera in cui Salvatore Borsellino traccia un quadro molto chiaro e inquietante del caso De Magistris, la cui unica “fortuna” rispetto a Falcone e Borsellino sarebbe stata quella di essere arrivato in una congiuntura storica in cui il clamore di una morte non sarebbe stato gestibile.
Ecco il testo integrale scritto da Salvatore Borsellino su De Magistris:
“Con l’inchiesta Why not si era avvicinato troppo, come già Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ai centri occulti del potere, ma a lui era stata riservata un’altra sorte, non la morte, quella riservata a tanti altri magistrati che fino all’ultimo avevano mantenuto fede al proprio giuramento, non la strage che provoca l’orrore e la reazione dell’opinione pubblica, ma la delegittimazione e l’avocazione delle inchieste. Per lui, perché non uccidessero un altro giudice ed in maniera quasi peggiore, per un vero magistrato, di quella riservata a mio fratello, ero salito per la prima volta sulle barricate ideali di difesa della Giustizia.
Ma Luigi de Magistris non si era rassegnato ed aveva trovato un altro campo di battaglia, quella dell’impegno politico, aveva realizzato il miracolo di diventare, senza alcun appoggio se non quello della gente, sindaco della città di cui mi onoro di essere cittadino onorario. E allora era necessario ucciderlo un’altra volta, ma la protervia del potere che lo vuole distruggere, seppellire definitivamente, è tale da avere scelto come arma la stessa usata la prima volta, quella stessa inchiesta “Why not” , che dopo l’avocazione è stata regolarmente smembrata e insabbiata, e presunti abusi di potere compiuti nell’intercettare alcuni ministri coinvolti nell’inchiesta. E l’opinone pubblica tace, la gente che non ricorda, che non vuole ricordare o è così frastornata da decenni di menzogne da non essere più in grado di discernere il vero dal falso, accetta supinamente i giudizi di una informazione ufficiale compattamente schierata dalla parte del potere.
Stamattina, puntuale e rapida come non mai, è arrivata la sospensione di Luigi de Magistris dalla sua carica di Sindaco di Napoli. Una altra voce indipendente è stata messa a tacere, un altra spina nel fianco eliminata. E’ anche per questo che ho deciso di mantenere la mia promessa di combattere fino all’ultimo giorno della mia vita, dovrò forse trovare nuovi metodi di lotta, contro una tela di ragno non si può combattere con le stesse armi che si adoperano per abbattere un muro, ma alla lotta, alla mia stessa ragione di vita, non potrò mai rinunciare”.