Matteo Salvini preferisce Gigi D’Alessio a Pino Daniele. I napoletani invece pare di no. Continuano le polemiche e le discutibili dichiarazioni di personaggi più o meno famosi in relazione alla morte di Pino Daniele: se da una parte Matteo Salvini, dopo la smentita su alcune frasi al vetriolo, apparse su un profilo fake, non rinuncia a dire la sua su Pino Daniele, affermando di non essere un appassionato del genere blues e di preferire, a Pino Daniele, l’arte di Gigi D’Alessio, i napoletani si scagliano in massa proprio contro Gigi, sostenendo da più parti che avrebbero preferito la sua morte a quella di Pino Daniele.
Punti di vista, direbbe qualcuno. Dove c’è gusto, in fondo non c’è perdenza. A essere inaccettabile è il fatto che, ancora una volta, un episodio triste e meritevole di rispetto come la morte debba diventare occasione per montare (e in questo caso viene quasi da dar ragione a Selvaggia Lucarelli) un teatrino trash, in cui a farla da protagonisti sono le offese e i commenti gratuiti.
“Ho solo detto che non amo il blues. Amo un altro genere. Il blues piace a Maroni”. Che infatti ha commentato con dispiacere la scomparsa di Pino Daniele. “Ho detto che mi è dispiaciuta la scomparsa di un artista che aveva appena 59 anni e avrebbe potuto dare molto di più. Anzi, mi ha pure sconcertato che uno che aveva Napoli nel cuore non abbia chiesto di essere sepolto nel capoluogo partenopeo” ha insistito Salvini. Poi, l’impensata rivelazione: “Mi piace Gigi D’Alessio. Mi ha pure regalato due cd. Ma non mi dica quali canzoni prediligo perché io con i titoli ci bazzico poco. È un genere che non mi dispiace. Assolutamente. Io ascolto anche musica sarda, se è per questo. E poi amo Davide Van de Sfroos e le sue canzoni in tremezzino”.
Dichiarazioni politically correct, senza dubbio. Ciò non toglie che Salvini, seppure stuzzicato da un certo giornalismo che campa sulla scia lunga delle polemiche, avrebbe potuto tranquillamente esimersi dall’esprimere il suo parere in merito alla musica di Pino Daniele, adottando la più raffinata e signorile tattica dell’indifferenza, o meglio del “non parlo di ciò che non mi piace” (tattica tristemente sconosciuta ai personaggi pubblici della modernità). Avrebbe dimostrato così maggior rispetto per la morte, e un interesse meno becero ad alimentare sterili polemiche con il solo e unico scopo di farsi pubblicità sulla pelle di un altro (un napoletano, per giunta). Lo stesso avrebbero potuto fare i tanti napoletani che hanno augurato la morte a un ignaro e non coinvolto Gigi D’Alessio.
Paradossalmente, l’unico ad uscire vincente da tutta questa assurda bagarre di commenti incrociati, è proprio Gigi D’Alessio: che, seppure non amato da una gran parte del suo stesso popolo, una parola buona (diciamo pure un buon consiglio) per i napoletani l’ha spesa: “Noi siamo un grande popolo, che sa anche farsi molto male da solo. Reagiamo con rabbia al razzismo nordico, ma poi diventiamo biecamente autorazzisti” ha detto il cantante riferendosi esplicitamente agli stolti messaggi apparsi sul web che si auguravano la sua morte invece che quella di Pino Daniele. In tutta questa intricata vicenda, Gigi D’Alessio è l’unico a vederci chiaro.
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