Il parroco don Alessio, successivamente al crollo di un solaio localizzato tra l’altare maggiore e la sagrestia, ha ricordato come già durante le piogge intense delle ultime settimane “scendeva acqua da tutte le parti, addirittura sulla statua della Madonna col Bambino in marmo di Camaino Tino del XIV secolo e dal cassettonato ligneo (della metà del XVI e restaurato nel 1769). Quando era venuto giù il solaio della stanza, ho capito che stavamo correndo un serio rischio, ho chiuso tutto e chiamato i tecnici“.
Come rivelano le macchie di infiltrazioni, il deterioramento degli stucchi, degli affreschi e dei materiali del muro laterale aggettante su via Sant’Antonio Abate, l’incuria della chiesa ha una lunga storia. Almeno due denunce giornalistiche da parte del Corriere del Mezzogiorno del 17 gennaio 2013 e del 27 febbraio 2015 hanno cercato di riportare la giusta attenzione sul sito, di antica storia e ricca di opere di rilevante valore artistico e monumentale. Il Corriere del Mezzogiorno si interrogava sulla latitanza della Sovrintendenza, la quale dopo un parziale intervento di restauro a uno degli affreschi più minacciati, ha continuato ad essere indifferente.
La chiusura di emergenza della chiesa di Sant’Antonio Abate non solo ha ripercussioni sul patrimonio culturale della città ma anche una pesante ricaduta sociale. Dove lo stato non arrivava, l’attività pastorale del giovane don Alessio ha riacceso la fiducia dei residenti nel difficile quartiere. Molteplici attività con bambini e ragazzi sono state interrotte e l’unica occasione e punto di riferimento aggregante di piazzetta Miracoli rischia di arretrare l’integrazione sociale del quartiere con il resto della città. Don Alessio dichiara che “per ora cercheremo di trovare un’altra sistemazione. Intanto voglio chiedere ad un palestra qui vicino che ha ambienti molto grandi se potesse ospitare i ragazzi per le nostre attività, magari cercando di avere un prezzo di favore. Per la Pasqua, invece, ho fatto richiesta al Liceo Giuseppe Garibaldi, se possono concederci la loro palestra (come accadde dopo il terremoto), anche se mi pare che lì ci hanno trasferito delle aule“.
Attualmente grazie al consenso del cardinale Sepe, si sta operando al recupero di finanziamenti utili alla copertura del 50% dei lavori, ad esempio, dal fondo dell’8xmille per la chiesa cattolica e al fondo per la diocesi napoletana della Cei. Napoli non solo come comunità cristiana ma, anche, come cittadinanza laica rischia di perdere alcune sue pietre di identità. La Chiesa di Sant’Antonio Abate risale al XIII secolo e ha visto la storia di Napoli dagli Angioini fino ai giorni nostri. Al 1313 risale l’ampliamento dell’originario complesso da parte della regina Giovanna I d’Angiò con un ospedale per l’assistenza dei pellegrini di ritorno dalla Terra Santa e dalle Crociate. All’epoca angioina risalgono il portale gotico e quello ogivale dell’antico ingresso al convento. Successivi sono invece gli altri elementi risalenti al dominio degli Aragona e al pontificato di Giulio II. Tra il 1447 e il 1699 l’architetto Arcangelo Guglielmelli e il pittore Domenico Viola la rilessero secondo il gusto dell’epoca, ma lo stravolgimento della Chiesa arrivò solo tra il 1769 e il 1918, arco temporale in cui fu ricostruita una nuova facciata, aperta la piazzetta antistante dei Miracoli, un’apertura su via Foria.
Ai commenti di don Alessio sono seguiti quelli del presidente dell’Associazione regionale campana architetti e designer, residente nel quartiere, Giuseppe Cariello. Egli ha affermato che “il crollo del solaio nella chiesa è la cronaca di una morte annunciata. Si conoscevano da tempo i problemi strutturali della chiesa di Sant’Antonio Abate, e la notizia della chiusura al pubblico, per l’incombente pericolo di crollo del cassettonato ligneo di copertura, non sorprende chi ne monitorava le condizioni statiche in relazione alle abbondanti piogge invernali. La mancanza di una puntuale manutenzione negli anni ha provocato copiose infiltrazioni d’acqua che hanno irrimediabilmente danneggiato i manufatti risalenti alla fine del Settecento, che sostituirono nel 1769, per iniziativa del cardinale Antonino Sersale, il nucleo originario della chiesa fatta ampliare nel 1370 dalla regina Giovanna I d’Angiò, della quale sono visibili numerose testimonianze“.
“La notizia rammarica ulteriormente visto che nei prossimi giorni si provvederà alla pedonalizzazione del larghetto prospiciente la chiesa, un’iniziativa promossa dal presidente della Quarta Municipalità, Armando Coppola, e approvata dalla giunta comunale lo scorso dicembre. Un progetto che è stato sviluppato proprio con l’obiettivo di consentire la valorizzazione degli spazi antistanti il monumento“. Grazie alla collaborazione dei privati “la nostra associazione” si è fatta carico “dell’acquisto dell’arredo urbano per l’allestimento degli spazi pubblici. L’auspicio è che i nostri sforzi possano contribuire a risvegliare le coscienze e anche invogliare i fruitori della parrocchia a donare le risorse necessarie a restaurare il settecentesco cassettonato ligneo, opera di inestimabile valore artistico e culturale“.
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