Sciopero dei lavoratori Amazon: lunedì 22 marzo stop alle consegne

Niente consegne e pacchi fermi il 22 marzo per il primo sciopero nazionale di 24 ore dei lavoratori di Amazon proclamato dai sindacati.

Niente consegne e pacchi fermi il 22 marzo per il primo sciopero nazionale di 24 ore dei lavoratori di Amazon proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. Un esercito di 30-40mila persone, anche se nessuno ne conosce il numero preciso che lavorano tra migliaia di merci nella ‘catena di montaggio’ degli hub e dei magazzini, e sfrecciano con i loro furgoncini per le strade di tutta Italia per consegnarli nelle nostre case e che dopo un anno di pandemia “sono esausti”, denunciano i sindacati che hanno indetto lo stop in tutta Italia.

E a restare fermi saranno anche centinaia di migliaia di pacchi che ogni giorno questi lavoratori movimentano. Sempre di più visto che, come ribadiscono i sindacati, “l’e-commerce e Amazon in particolare con lo scoppio della pandemia stanno vivendo un vero boom di ordini e di fatturato”.

Boom di fatturato a cui non è corrisposta, per i sindacati, una maggiore attenzione per le condizioni dei lavoratori. E si è così arrivati a uno sciopero che, per i sindacati, “è necessario perché i lavoratori sono stremati, non ce fanno più – spiega Michele De Rose, segretario nazionale della Filt Cgil- e Amazon non risponde alla richiesta di confronto. I driver, cioè coloro che consegnano materialmente i pacchi, arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanale, e molto spesso per tutto il mese, inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di conciliazione dei tempi di vita-lavoro né tantomeno i tempi del traffico delle nostre città. Dalla controparte non abbiamo trovato nessun ascolto né sui carichi di lavoro, né sulla clausola sociale in caso di cambi d’appalto, né tanto meno sulla stabilizzazione dei precari, che sono le nostre richieste principali”.

Mancate risposte che non sono andate giù ai sindacati che hanno proclamato lo sciopero, nel rispetto delle norme previste dalla pandemia, e al quale hanno aderito anche le sigle sindacali dei lavoratori atipici Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uiltemp. E sì, perché nel ‘mondo’ Amazon, tra lavoratori diretti e indiretti, esiste “una vera e propria – spiega Marco Odone, segretario nazionale della Uiltrasporti-giungla di rapporti di lavoro: ci sono dipendenti diretti di Amazon, dipendenti delle ditte in appalto che lavorano nella logistica, lavoratori in somministrazione e lavoratori precari, per i quali noi invochiamo una stabilizzazione”.

Ma su questo, come anche su altro, “Amazon, Conftrasporto, a cui Amazon aderisce, e Assoespressi, a cui aderiscono le imprese che ‘fanno’ l’ultimo miglio per Amazon, non hanno accettato il confronto. Ci siamo visti un paio di volte ma senza esito”, dice. E nel frattempo, aggiunge, “ci sono state proteste sul territorio di lavoratori in Piemonte e Toscana, dove la temperatura si è surriscaldata, visto anche il comportamento dell’azienda che ha messo lavoratori in cassa integrazione e ha aumentato i carichi di lavoro agli altri”.

Carichi di lavoro che per i circa 15mila driver, e cioè i fattorini che consegnano materialmente i pacchi, stanno diventando sempre più insostenibili. “Si pensi che per questi lavoratori si parla di una media di 100 ‘stop’, come vengono chiamati in gergo, al giorno. E all'”interno di ogni fermata in un condominio non è detto che si faccia solo una consegna ma possono anche essere due-tre o di più”, racconta Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit Cisl.

E i rischi sono, per il sindacato, non solo per la sicurezza del lavoratore ma anche degli altri. “I driver -sottolinea Pellecchia- si muovono sulla base del percorso stabilito dall’algoritmo di Amazon, che non tiene però conto del traffico e delle insidie delle nostre città con la conseguenza che, se per queti motivi il driver non riesce a completare le consegne, non viene sostituito da un altro driver ma gli restano sul groppone anche per il giorno dopo”.

“Noi chiediamo – aggiunge – che si faccia una verifica sui carichi di lavoro perché ne va del benessere psico-fisico dei lavoratori che sono praticamente stremati, non ce la fanno più. E questo può comportare, ad esempio, effetti anche sulla circolazione stradale perché viaggiare sulle strade con l’ansia di dover rispettare le consegne e in più stremati può comportare conseguenze per sé e per gli altri anche. Poi, c’è il tema della clausola sociale nel caso di cambi d’appalto che sono molto frequenti. Noi chiediamo, quindi, anche che in caso di cambio d’appalto ci sia la conferma dei livelli occupazionali e reddituali”, sottolinea Pellecchia.

Per i sindacati, questo sciopero è centrale “perché Amazon -sottolinea Odone della Uiltrasporti- deve capire che qui è in Italia non in America, dove un lavoratore si trasferisce da uno Stato all’altro, lascia e prende un lavoro”. “Qui non vogliamo che i lavoratori siano ‘spolpati’ in 4-5 anni e poi abbandonati. Diciamo sì alla flessibilità ma non deve essere regolata. E questa ‘partita’ con Amazon è centrale per gli anni a venire, dobbiamo oggi fissare i diritti dei lavoratori di questo mondo che siamo convinti continuerà a crescere. Amazon è una grande azienda, ne siamo consapevoli, e lo deve capire”, aggiunge.

Anche perché, ribadisce Pellecchia, “le nostre sono tutte richieste che vengono fatte per un’azienda e un settore che non sono in crisi, anzi”. “E quindi per noi ci sono tutti i presupposti per arrivare a un’intesa ma questo non è avvenuto. Noi c’abbiamo provato in tutti i modi ma non siamo stati ascoltati dalla controparte e quindi tentiamo l’ultima carta che appunto è lo sciopero”, dice. Sciopero che, conclude De Rose, “non potrà avere le consuete iniziative collaterali a causa della situazione pandemica ma qualcosa faremo, tireremo fuori qualche idea”.

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Redazione Desk

Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.

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