Scontri al Maradona, il racconto di una tifosa: “Ecco quello che non si è visto”

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Scontri al Maradona, il racconto di una tifosa: "Ecco quello che non si è visto"

Il racconto di quanto avvenuto prima, durante e dopo la sfida Napoli-Milan sugli spalti del Maradona e che non tutti hanno visto: il punto di non ritorno nel rapporto tra il presidente De Laurentiis e parte del tifo organizzato azzurro.

La partita Napoli-Milan della stagione 2022-23 non verrà ricordata per il risultato del campo, che molto probabilmente non influirà sullla classifica finale dei partenopei. Ma resterà nella memoria di tutti come forse il punto di non ritorno del rapporto tra Aurelio De Laurentiis e parte del tifo organizzato.

A testimoniare quanto è avvenuto sugli spalti prima, durante e dopo la gara, una tifosa azzurra, attraverso il suo racconto a Fanpage.

“Alle 20:10 circa arrivo all’ingresso del prefiltraggio in Curva B. Sugli spalti ad aspettarmi ci sono mia sorella, il marito e mio nipote di 10 anni con un’altra famiglia e un bambino. Sono quasi arrivata ai controlli dove si esibisce il biglietto quando un’orda di 200-300 persone arriva, sbatte letteralmente per aria la gente e pretende di entrare senza fare la fila. Cantano “Napoli siamo noi”, “Non ci avrete mai come volete voi”. Succede sempre, qualcuno dice, ma stavolta si percepisce che c’è qualcosa di diverso nell’aria: l’intenzione di entrare per fare “casino” si avverte. Uno di loro, proprio alle mie spalle, chiede di farmi da parte. Io mi oppongo e dico: “Chiedete il rispetto e poi non lo avete per gli altri”. La risposta: “Noi non c’entriamo niente, la colpa è del presidente”. Alle 20:30 circa siamo ancora lì, nessuno riesce a opporsi mentre gli ultras continuano a entrare a centinaia. Qualcuno commenta: “È inutile non possiamo fare niente noi, solo lasciarli passare”. Tutto questo accade sotto gli occhi degli steward e con zero forze dell’ordine a garantire l’ordine. Molti decidono cambiare ingresso e rifare la fila.Una volta dentro prendo posto come al solito nella zona alta della curva e tutto sembra apparentemente tranquillo. Apparentemente, appunto. Dopo la lettura delle formazioni, gli ultras, sistemati senza bandiere al centro della curva, fanno partire cori contro il presidente: “De Laurentiis figlio di p…”, “Napoli siamo noi”, “Non ci avrete mai come volete voi”. Saranno circa 2000-2500, con qualche ragazzino che li segue. Da una parte della curva e dal resto dello stadio i tifosi subissano di fischi gli stessi ultras del Napoli. Qualcuno, proprio nella zona confinante con il perimetro solitamente occupato dai gruppi, non ci sta e si ribella. Si scatena il putiferio: botte da orbi e persone che scappano dalla zona centrale della curva.D’istinto mi giro verso mio nipote per tranquillizzarlo. Cerchiamo di fare gli indifferenti e di farlo concentrare sulla partita, ma lui e il suo amichetto guardano solo verso gli spalti. Fortunatamente eravamo defilati rispetto al centro della curva in una zona con tante famiglie, tutte intente a far mantenere la calma per evitare di scatenare il panico. Nessuno guarda la partita: a stento ci rendiamo conto del primo gol del Milan, perché il pensiero in quel momento è solo prendere i bambini e andare via. La situazione però sembra calmarsi, a parte strani movimenti in corrispondenza degli ingressi della curva, e all’intervallo si parla solo di quello che è successo tra gli ultras.La tregua si interrompe a circa un quarto d’ora dalla fine della partita. Tutte le uscite della curva si illuminano all’improvviso e si intravedono tifosi con il volto coperto, spuntati da chissà dove, che cercano di lanciare in campo fumogeni e petardi. È l’istante peggiore, quello in cui tutti abbiamo provato la sensazione più brutta, l’impotenza: ci siamo sentiti minacciati e circondati nella nostra stessa curva, con la paura che si scatenasse il panico tra la folla. Stavolta non solo il perimetro ultras, ma tutta la curva era ostaggio di queste persone. È stato questo il momento in cui abbiamo visto il terrore negli occhi di mio nipote e del suo amichetto, complice un clima pesante come neanche nelle fasi più negative della storia recente del Calcio Napoli. Decidiamo di andare via: saliamo verso una delle poche uscite libere e lasciamo lo stadio di corsa. Con noi c’erano tante persone che stavano praticamente scappando. Mi ha colpita una signora in lacrime, col marito che la consolava. Gridava: “Non è possibile che siano 50 stupidi a rovinarci, a rovinare un’intera città”. Lo ripeteva mentre scendeva le scale, piangendo. Una serata che sarebbe dovuta essere una festa si è trasformata in un incubo. Sono tornata a casa letteralmente provata da questa vicenda e ripenso alle parole di mio nipote dopo la partita: “Stasera mi sono vergognato, non del risultato, ma di queste persone che fanno parte della mia città e della mia squadra”. A 10 anni, la bocca della verità. E qui c’è ancora gente che li difende!”.