«Il piccolo Jono? Un genietto, un fuoriclasse assoluto e multiplo, mezzapunta ma anche centravanti e centrocampista, “dribblomane” ma anche ispiratore e terminale».
Così inizia l’intervista a Pasquale Saggese, scopritore di Jonathan De Guzman. Nell’edizione odierna de Il Mattino, il Talent Scout parla del periodo in cui lo ha scoperto, sul lago Ontario nel 1997, mentre per errore era arrivato qualche ora prima nel centro sportivo degli Azzurri Toronto, il club giovanile dove Jonathan de Guzman muoveva i primi passi, e Saggese allenava una squadra di allievi. «Aveva 8 anni, forse 9: io allenavo una formazione più ragazzi di 2 anni in più: rimasi stregato dalla partita che stava giocando quel ragazzino. Faceva tutto alla perfezione e quel giorno segnò un calcio di punizione con una parabola superba. Era un predestinato».
«Un freddo? No, non lui. Aveva dieci anni e lo portammo in Uruguay per un torneo con ragazzi più grandi di lui di due o tre anni: tutti non smisero un solo istante a paragonarlo a Francescoli. Ne erano incantati. E lui non si emozionò neppure un attimo e mi chiese chi fosse Francescoli ».
«L’ho avvertito: Napoli è una città capace di farti diventare una divinità, ma poi basta nulla per farti precipitare giù: dunque gli ho spiegato che deve avere sempre i piedi per terra, non esaltarsi mai nei momenti felici e non abbattersi mai in quelli negativi» Poi prosegue parlando delle sue doti: «Farà tanti gol, è bravissimo quando vede la porta. E poi Napoli scoprirà quanto è bravo nei calci di punizioni: non voglio fare paragoni, ma è davvero magico»