“Se io fossi San Gennaro” restituisce ai nostalgici napoletani dopo una lunga assenza dalle scene il carismatico “cantacabarettista” partenopeo,come lui stesso ama definirsi, Federico Salvatore.
L’artista ha raggiunto l’apice del successo negli anni novanta, anche grazie alla partecipazione al Maurizio Costanzo Show e al Festivalbar, presentandosi a tutto il pubblico italiano.Tra le canzoni che lo hanno reso maggiormente noto ricordiamo Federico e Salvatore, Azz… e Ninna Nanna.
Incontro Federico il 7 dicembre 2012 in occasione del suo spettacolo al Teatro Gelsomino di Afragola.Manca poco all’inizio dello spettacolo e la sala è già gremita di persone.
Vengo accolta con entusiasmo dietro le quinte del teatro dalla band al completo: Federico,Minotti Minervini (basso e contrabbasso),Giacomo Anselmini (chitarre),Luigi Zaccheo (piano e tastiere),e Daniele Iacono (batteria e percussioni).Mi sento subito a mio agio,come se ci conoscessimo da tempo e dopo qualche battuta iniziale inizio ad intervistare Federico,che comincia a raccontarsi a cuore aperto.
Federico Salvatore nasce a Napoli il 16 settembre 1959, è un autodidatta e comincia a suonare la chitarra all’età di 8 anni.Mi racconta della sua iniziale passione per la batteria,di come ha imparato a suonare,mancino di natura,non preoccupandosi di invertire l’ordine delle corde, come normalmente si fa, bensì invertendo il “metodo” ,ovvero il libretto su cui sono rappresentate le posizioni delle dita.Riusciva a riprodurre gli incisi e gli assoli rallentando la velocità del giradischi trovando nota per nota ad orecchio tutte le note degli assoli dei Deep Purple, dei Genesis e dei Pink Floyd.
Crescendo si avvicina al cantautorato italiano impegnato di De Andrè e Gaber. Abbandona gli studi di giurisprudenza dopo due anni con grande dispiacere dei genitori che lo volevano avvocato per dedicarsi completamente a quella che poi sarà la sua carriera.Federico si ispira all’avanspettacolo napoletano,non solo al grande Totò ma anche a macchiettisti come Nino Taranto, al duo Pisano-Cioffi,a Nicola Maldacea, e a Ferdinando Russo, che hanno costituito un grande fertilizzante per quello che ha poi cominciato a scrivere dopo.
Scherziamo sul fatto che il suo nome di battesimo sia passato per molti anni come un nome d’arte,su quanto gli abbia portato fortuna.Federico e Salvatore sono la rivisitazione di due personaggi molto cari al nostro Federico, presi in prestito dalla famosissima “Livella” di Totò,il marchese e lo spazzino che 40 anni dopo diventano i suoi Federico e Salvatore.
L’artista si reputa un creativo un po’ pantofolaio,ci tiene a parlare in chiave ironica dell’importanza del riposo per tutti i napoletani veraci,dicendomi che se Dante lo avesse conosciuto lo avrebbe collocato indubbiamente nel girone infernale degli accidiosi.Aggiunge però che l’uscire poco,il non essere troppo presenzialista,gli ha dato negli anni la possibilità di approfondire le tematiche che poi trasmette al pubblico,la possibilità di filtrare la realtà in tutti i suoi aspetti dal punto di vista di un acuto osservatore.
Questa è la scenografia del suo spettacolo,una scenografia semplice e calda dalle luci soffuse e dall’atmosfera intima familiare.Cattura l’attenzione una poltrona imbottita di quelle che si vedevano nelle foto dei nonni davanti ad un grande televisore,un tavolino con acqua e una “tazzulella e cafè”. Da qui il Federico telespettatore osserva il mondo che ci propinano in tv,un mondo falsato che spegne e chiude la mente.
Federico racconta ed è davvero difficile non sorridere,mi trovo davanti ad una persona dall’ironia brillante ma soprattutto davanti ad una persona di grande cultura.Mi racconta che ad un certo punto della sua vita ha spento la tv e ha acceso gli indici dei libri,un modo per confrontarsi e viaggiare dentro e fuori se stesso.Lancia poi un messaggio che ripete anche nello spettacolo : ” preserviamo i nostri bambini dalla televisione, perché accendere il televisore vuol dire spegnere un bambino”.
Federico non è pentito della scelta di non essersi allontanato dalla sua Napoli,si sente ripagato dal suo pubblico napoletano e dalla città,un po’ meno dagli “addetti ai lavori”,da chi gestisce il potere dello spettacolo teatrale e televisivo,perché oggi l’ideale vincente che trionfa è quello del mercato e quindi nel momento in cui si fa mercato si aprono tutte le porte,mentre quando si fanno scelte diverse o cambi di direzione si trova qualche difficoltà.
Federico mi dice di trovare la sua dimensione nel teatro: ” la tv ti impone al pubblico mentre il pubblico del teatro ti sceglie “.Confessa di star vivendo un momento molto fortunato,il suo ritorno al teatro lo sta ripagando del sacrificio di diversi anni lontano dalle scene,anni in cui è passato,mi dice sorridendo,“dall’Homo Odiens all’Homo un po’ più Sapiens.”
Questo cambiamento,questa evoluzione in maturità personale ed artistica la si vede anche nei testi. Agli esordi i testi miravano forse più al divertire e intrattenere il pubblico esasperando vizi e virtù del popolo napoletano in maniera caricaturale.Quella degli ultimi testi, specie in “Se io fossi San Gennaro”, è una satira forte di denuncia e riflessione,Federico si è sempre definito un “cantacabarettista”,oggi si sente più un “cantattore”.
Lo spettacolo “Se io fossi San Gennaro” si ascrive alla tipologia del Teatro Canzone,monologhi e canzoni,è il riassunto degli ultimi tre album pubblicati “l’Osceno del villaggio“,”Dov’è l’individuo?” e “Fare il napoletano stanca“, strizzando l’occhio a qualche momento del passato.
Federico Salvatore tiene il palco con maestria,lo spettacolo ha tante sfumature,è divertente,leggero,dolce e amaro, a tratti pungente e commovente ma nel complesso irresistibile.Il pubblico è soddisfatto e si lascia andare in grasse risate e applausi,in gesti di grande approvazione.
Federico ringrazia e saluta il pubblico con gioia,mentre nel teatro risuona ancora l’eco di parole che non si possono dimenticare..
“E per certi culi grossi il traguardo e’ la poltrona
E per noi poveri fessi basta solo un Maradona
E il miracolo richiesto di quel sangue rosso chiaro
Lo sa solo Gesù Cristo che quel sangue e’ sangue amaro”
da “Se io fossi San Gennaro”
Si ringrazia FedericoTv per la gentile concessione della video intervista.