Tra i sindaci “dissidenti”, l’unico ad aver manifestato al di là delle dichiarazioni sui giornali una concreta disponibilità per il caso Sea Watch è stato de Magistris.
La disponibilita’ manifestata da alcuni sindaci ad accogliere la Sea Watch 3 e la Sea Eye con a bordo 49 migranti, per adesso non trova conferme o meglio al momento non ha un seguito. “Sono dichiarazioni a mezzo stampa. Ma il comandante della nave non ha ricevuto alcuna comunicazione che indichi una soluzione per lo sbarco di queste persone”, spiegano in conferenza stampa Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch Italia; Tamino Boehm, capo delle operazioni di ricognizione aerea e Chris Grodotzki, coordinatore media della ong. “Serve un porto sicuro e vicino” spiegano, perche’ “la nave non puo’ navigare con il doppio della capacita’”. “Che ci diano una indicazione chiara”, chiedono, “e subito”.
Il porto di Napoli, messo a disposizione dal sindaco de Magistris, l’unico che ha inviato una lettera ‘ufficiale’ alla Sea Watch, e’ troppo lontano. “E’ arrivata solo la disponibilita’ di de Magistris, che ha chiesto di far recapitare a bordo una sua mail – spiega Giorgia Linardi – nella quale si dichiara pronto ad aprire il porto. Il capitano ha accolto con grande piacere questo atto di solidarieta’. Tuttavia andare a Napoli presupporrebbe una navigazione di alcuni giorni in condizioni sfavorevoli. Se potessimo evitare questa ulteriore odissea alle persone soccorse, sarebbe meglio”.
Momenti drammatici
Anche perche’ la situazione a bordo sta “degenerando, si sta aggravando, e’ critica” ha detto in collegamento telefonico il capo missione Kim Heaton-Heather a bordo della Sea Watch 3 che si trova al largo della costa maltese in attesa di un porto dove sbarcare i migranti soccorsi il 22 dicembre scorso.
Molti non reggono lo stress e per “disperazione e depressione per due giorni hanno rifiutato il cibo e l’acqua. Solo grazie all’opera di convincimento dello staff hanno ripreso ad alimentarsi” ha raccontato capo missione. A chi chiede quanto tempo potranno resistere queste persone a bordo, risponde con un’altra domanda: “Quanto lasceremo questa gente soffrire, quanta sofferenza vogliamo infliggergli? La soluzione va trovata adesso. Invece la politica non non trova mai un accordo totale e unanime. Ma una cosa e’ certa: noi non li porteremo indietro in Libia”.