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Che fare a sinistra?

di Marco Armiero

I risultati delle elezioni amministrative fanno di certo tirare un sospiro di solievo ai progressisti; in particolare il temuto successo della destra non si è verificato e il ridimensionamento del M5S probabilmente ha dato un po’ di respiro ai candidati del centro-sinistra.

Tuttavia non mi pare che ci sia da essere troppo soddisfatti. Non voglio discutere più di tanto sul dato drammatico dell’astensione, che meriterebbe una riflessione a sè. Per la verità ho anche già detto che un forte ridimensionamento del M5S, se fa bene ai candidati della sinistra, potrebbe invece a lungo andare fare male alla loro qualità; non mi stancherò mai di ripetere che il M5S ha fatto la sinistra migliore e avrebbe anche prodotto a mio parere il migliore governo di centro-sinistra della storia repubblicana, se  lo avessero voluto.

La tenuta del PD potrebbe non essere foriera di buone notizie. Mi rendo conto di camminare su sentieri complicati, ma ci provo. Non è neppure il caso di sottolineare che sono ben contento che i canditati del centro sinistra siano ai ballottaggi in condizione di vantaggio. Evviva. Però cosa significa questo in termini di strategia e di posizionamento dentro il PD?

Hanno buttato via Prodi, non hanno neppure discusso la possibilità di votare Rodotà, avevano promesso “mai con B” e invece ci governano insieme, avevano detto “si ritorna al Mattarellum subito” e ora invece bacchettano che ci prova a ritornare al Mattarellum, Bersani aveva detto no agli F-15 e ora mi pare che li compriamo.

Per amore di patria mi fermo qui, ma la sapete che l’elenco potrebbe continuare. Nessuno parla più di 101 traditori che di nascosto hanno ammazzato l’ipotesi di un governo e di un presidente della repubblica diversi. Il rischio, lo dico con molta chiarezza, è che il buon risultato delle amministrative confermi il PD nelle sue politiche pessime. D’altra parte se gli elettori lo votano, magari queste politiche sono meno pessime di quello che io pensi.

Ecco, io temo che questo possa essere il ragionamento dei dirigenti del PD, già normalmente non molto inclini al cambiamento.  Se ci fosse la possibilità di spiegare il voto, mi piacere che uno o potesse scrivere sulla scheda elettorale “Vi voto perchè Alemanno è pessimo, ma non vi montate la testa che anche voi non è che siete un granchè“.

Forse, in realtà, davvero i compagni della sinistra critica dovrebbero promuovere una raccolta di dichiarazioni come queste; magari dei video-box in cui i cittadini all’uscita dal voto possano mandare un messaggio alla sinistra, tanto per chiarirci tutti le idee. Perchè a me pare che il risultato di SEL alle elezioni sia rimasto modesto; per carità lo so che il partito di Vendola è andato bene, ma dopo i disastri del PD e la perfomance discutibile del M5S mi sarei aspettato travasi massicci di voti. La questione è che occorre discutere se sia possibile immaginare una sinistra che includa il PD o se piuttosto occorra andare oltre quell’esperienza.

Ci sarebbe una risposta facile: il PD non è più un partito di sinistra da tempo. Basta leggere le dichiarazioni di Chiamparino – che credo voglia candidarsi alla segreteria del partito liberale, se ho capito bene – o di Renzi per realizzare la distanza siderale tra il PD e le ragioni della sinistra. Eppure questa risposta facile non mi convince. La vera questione è se vogliamo dare un contributo a salvare la sinistra dentro il PD o meno.

Lo dico in tutta franchezza: non sono sicuro che sarà possibile e certo questa esperienza del governissimo non aiuta. Ho partecipato per molti anni alla vita di uno dei partiti che sono confluiti nel PD, facendo parte della sua minoranza organizzata. Ritenevo che fosse possibile condizionare le scelte del partito, far pesare le nostre ragioni, ancorarlo saldamente alla sinistra. In alcuni momenti direi che ci siamo riusciti, e alcune parole chiave della minoranza, sono diventate le parole di tutto il partito.

L’esperienza del Correntone, in particolare, fu, a mio parere, di grandissimo interesse; personalmente ero molto convinto della bontà di mettere insieme esperienze e culture diverse (nel correntone aderivano gli ex comunisti democratici di Ingrao, Veltroniani, Cofferati e pezzi di CGIL, ambientalisti); ma poi quell’esperienza fallì, sommersa dai personalismi, Cofferati si ritirò in buon ordine a Bologna (davvero in buon ordine) e si spense la speranza dei movimenti. Anche L’Unità fu normalizzata.

Oggi il PD è un partito supermarket in cui ci trovi tutto, da Fassina a Chiamparino, da Renzi a Civati. Questo non è del tutto inconsueto perchè spesso nei partiti progressisti ci sono anime diverse che si confrontano nei congressi o magari nelle primarie. Bisogna costruire il campo dei progressisti fuori del PD perchè questo è il modo migliore per sostenere la sinistra dentro il PD. Non credo che il tema sia reclutare un paio di dirigenti in fuga da un partito alla deriva; meglio invece sostenere una grande alleanza sui temi, sulle questioni.

Ci vuole una agenda per il cambiamento intorno alla quale radunare sindaci, parlamentari, intellettuali, cittadini. In maniera trasversale. Acqua pubblica, spese militari, corruzione, reddito di cittadinanza, scuola e sanità pubblica, no alle grandi opere inutili, nuove produzioni e sostenibilità, diritti civili: su questi temi si può aggregare una alleanza che può già fare e che può di fatto prefigurare una futura alleanza di governo. Si parla finalmente delle lobbies che controllano la politica (e ancora una volta bisogna ringraziare il M5S); ma perchè non costruire non una lobby ma una grande alleanza per il cambiamento? Si potrebbe arrivare a sostenere i candidati di questa alleanza in maniera trasversale anche se candidati in partiti e movimenti diversi.

Su questo, ovviamente, incombe la questione Grillo. Dopo avere insultato Rodotà, secondo un copione per la verità da vecchissima politica, ha fatto marcia indietro ma di fatto ha detto che il M5S non è nato per fare il soccorso rosso a Vendola e Civati. La metafora (slogan?) che Grillo sta usando è davvero brutta: come in Highlander resterà uno solo? Di che parla? Di partiti politici? Uno solo? Ovviamente, si tratta di una battuta, di uno slogan; Grillo ci spiegherà subito che non vuole dire un solo partito perchè lui non vuole uno stato totalitario.

Io non sono un esegeta di Grillo e mi piacerebbe una politica in cui non occorrono esegeti; ciascuno dice quello che gli pare ma poi non se lo rimangia, spiega, interpreta ecc. Io credo che Grillo abbia ragione se quando dice che non vuole fare il soccorso rosso intende che il M5S non può solo dare i voti a personaggi, idee, progetti, governi ecc. altrui. Ha ragione. Questo è il motivo per cui credo che il PD abbia sbagliato a proporre al M5S il governo Bersani, invece di proporre un governo completamente nuovo. Ma non può neppure chiedere i voti a persone, idee, progetti, ecc. suoi. Dovrebbe scegliere di costruire insieme… Insomma invece di tagliare le teste, dovrebbe scegliere quelle che gli piacciono e imparare a parlarci. Meno epico, ma decisamente più interessante

Tratto da Lettere da un fegato in fuga

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Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.

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