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Sinistra: testimonianza o azioni di cambiamento?

L’editoriale di Vincenzo Vacca.

Le dimissioni di Nicola Zingaretti sono un’ altra dimostrazione di quella che è una specie di demone della sinistra del nostro Paese che si aggiunge a quello delle frequenti scissioni: divorare i suoi leader. Ma questa volta le dinamiche politiche interne emerse sono state ancora più povere in termini di confronto/scontro tra diverse analisi e progettualità.
L’ unico oggetto del contendere che è emerso sta nel fatto che una parte del partito, forse la maggioranza, punta a un rapporto strategico con i cinque stelle, mentre un’ altra, forse la minoranza, osteggia questa strategia ed è attratta da un alleanza con un centro liberal – democratico.
Il resto è davvero indecifrabile agli occhi della opinione pubblica, tenuto conto che gli schieramenti richiamati hanno al loro interno una serie di correnti.
Correnti che si richiamano tutte a un capo corrente a ulteriore prova del danno che sta procurando alla politica vera la sua iper personalizzazione.

È davvero preistoria politica paragonare gli scontri tra Moro e Fanfani o quelli tra Ingrao e Amendola. Quelle dialettiche politiche erano prodotte, e a loro volta produttrici, di analisi sociologiche della società e di come si dovesse dare una loro traduzione politica.
Ma la scelta di Zingaretti ha un effetto non solo sul PD, ma contiene in essa un serio rischio di modificare la natura e l’ asse del neonato Governo Draghi.
Potrebbe innescare, per dirla con altre parole, reazioni immediate e di medio – lungo periodo.
Le prime impattando con l’ Esecutivo, ma non nel senso di modificare la sua agenda operativa.
È fuori di dubbio che la sua gerarchia programmatica resterà immutata: emergenza pandemica e crisi economica ad essa strettamente connessa. Inoltre, elaborazione di un nuovo Recovery Plan con relativa predisposizione di misure atte a non fare degenerare in modo drammatico la crisi economica.

Adesso, quindi, la disputa tra le formazioni politiche che appoggiano il Governo avrà come oggetto principale quello di rivendicare i prevedibili benefici dell’ azione governativa di Draghi. Quali saranno i partiti che eserciteranno un peso che sarà sempre più direttamente proporzionale anche alla mera possibilità di essere presente.
La parte in teoria predominante della maggioranza è composta dall’ alleanza giallo- rossa, ma al momento risulta assente.
I grillini sono alle prese con una scissione strisciante e soprattutto con una fondamentale ridefinizione della loro essenza. Potremmo quasi definirli un partito in cerca d’ autore, quindi sicuramente non in grado di incidere su un premier diventato tale proprio per la crisi del sistema dei partiti.
Anche il Partito Democratico, il partito delle Istituzioni e della responsabilità, si ritrova in una situazione analoga a quella dei grillini. Infatti, era un punto di riferimento e si ritrova ad essere una entità politica non molto distante dalla irrilevanza.
Mentre il sovranismo arretra ovunque e l’Unione europea mette all’ angolo l’ antieuropeismo, alla Lega che dovrà affrontare al suo interno queste epocali novità, pena l’ implosione, è stato offerto, invece, una insperata via d’ uscita ovvero quella di presentarsi all’ opinione pubblica come il soggetto politico più in grado di sostenere Draghi.

Questo non in virtù delle politiche promosse dal Governo, ma perché il Carroccio è capace di mostrarsi in pubblico.
Ciò non è di poco conto, se pensiamo agli effetti di massa che ha il rapporto tra politica e comunicazione. Un rapporto certamente insano e che andrebbe modificato, ma che al momento è quello che modifica e/o consolida i consensi.
A questo aggiungiamo che le straordinaria novità politiche che ho richiamato avvengono durante la terza ondata pandemica, ossia la questione – giustamente – a cui tutti guardano, perché da tutti vissuta immediatamente sulla propria vita, esponendo la scelta di Zingaretti ad un giudizio di senso di responsabilità.

A proposito di effetti di lungo periodo a cui accennavo precedentemente, è il caso di evidenziare che il Partito Democratico ha una matrice opacizzata e le accuse del segretario dimissionario sono fondate, perché il Partito rischia effettivamente di diventare un coacervo di correnti in larga parte impegnate a occupare “poltrone”.
Su questo punto, però, occorre precisare che il PD è il partito che offre da un punto di vista qualitativo la migliore classe dirigente, ma evidentemente questo non basta. Non è più sufficiente da molto tempo quello che è stato chiamato il “riformismo dall’ alto”.
Urge una Conferenza del Partito sulle idee che lo stesso deve promuovere, costruendosi una forte identità e basandola su un nuovo e solido baricentro sociale.

Le campane, però, suonano per tutta la sinistra, se questa non la vogliamo considerare una condizione dello spirito, una mera testimonianza su un mondo migliore.
La contraddizione tra potere e politica esplode, se non viene affrontata con le idee e con una leadership autorevole.
In questa fase tanto delicata, il rischio è quello di consegnare per l’ennesima volta una quota d’oro alla destra di Salvini e Meloni e di concedere una rivincita ai sovranisti antieuropeisti, ma anche quello di terremotare per un lungo periodo il campo del fronte progressista.

Il primo ineludibile passo da compiere è capire quali sono le ragioni di fondo della sinistra nel XXI secolo, superando l’ alibi sociologico della società liquida, perché anche nell’ attuale società post novecentesca i valori dell’ uguaglianza hanno una loro profonda validità.
Occorre adeguarli alle nuove dinamiche sociali ed economiche che vanno orientate al rispetto della dignità umana.

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Vincenzo Vacca

Sono un artigiano della scrittura. Provo a scrivere non per un desiderio estetizzante, ma per un bisogno di provare a sollevare dubbi. Le certezze esibite mi inquietano. Mi ritengo un uomo che fa domande e mi incuriosiscono le risposte che, in genere, non mi soddisfano.

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