In seguito alla riforma della prosa e alla pubblicazione della classifica inerente al nuovo piano di contributi ministeriali da assegnare agli stabili privati, si apprende che il Teatro Bellini di Napoli è stato, illegittimamente, declassato da Teatro di rilevante livello culturale (Tric) a semplice Centro di produzione; mentre il Teatro Stabile di Genova non è stato minimamente preso in considerazione per il primo livello della classe Nazionale. Pur vantando standard qualitativi altissimi, programmi artistici e culturali che rispettano pienamente le richieste ministeriali, Roma ha preferito altri, i quali solo in prospettiva e, dunque, non ancora riflettono gli attuali criteri per il riconoscimento nazionale.
I Russo, gli attuali gestori del Teatro Bellini di Napoli, si confessano increduli e spiazzati. Il Teatro Bellini si era candidato per accedere al secondo livello dei Teatri Nazionali, in quanto ormai da anni opificio, ben prima del Mercadante, a più livelli di arte e cultura, spazio polifunzionale, “dove la gente, contemporaneamente agli spettacoli, può seguire presentazioni di libri e mostre, ascoltare musica dal vivo, etc“. Da 27 anni il Bellini possiede una scuola di formazione, completamente gratuita, “diretta oggi da un maestro come Dario Manfredini“; da anni il Bellini vanta quei legami che il Ministero richiede nella riforma.
Pur tenendo conto di tutto ciò, quest’ultimo lo ha derubricato. Dichiarano i Russo che “con il declassamento sarà la città a perdere. Che dobbiamo fare ora? Dovremmo ridurre l’attività? Chiudere il Piccolo Bellini, per esempio, perché il Centro di produzione non ne ha bisogno? E gli studenti della nostra accademia dovranno fare il terzo anno non più da noi, ma alla neonata scuola del Teatro Nazionale? Verrà meno, insomma, un punto di riferimento culturale della città. Ma forse è questo che si vuole, per dare spazio al Teatro Nazionale, cui un Tric così ben organizzato avrebbe dato qualche fastidio“.
I Russo sembrano ricalcare le passate dichiarazioni di Stanislao Lanzotti, assessore del Comune di Napoli, il quale dopo lo scoppio dello scandalo al Teatro Mercadante, rispondendo a Paolo Animato, Capo Addetto Stampa dell’ex Trianon, e ad Alessio Gemma, redattore di Repubblica, in una conversazione su facebook, faceva capire che non avere nel proprio Cda esponenti politici regionali e comunali era elemento discriminante per la sopravvivenza economica dei Teatri. Chi non può vantare legami con esponenti politici di rilievo a livello regionale e nazionale non può sopravvivere alle sfide del mercato nel contesto italiano.
I Russo hanno riferito che “Regione e Comune per il Teatro Nazionale hanno smosso mari e monti, tanti soldi e peso politico; per noi non avrebbero dovuto smuovere niente, perché niente chiedevamo se non il sostegno necessario alla conferma di un progetto consolidato e sempre più ambizioso. Questa nostra cocente sconfitta è anche la loro e rischia di esserlo per la vitalità e il fermento della città“.
“Avevamo tutte le carte in regola e anche di più. La nostra colpa è quella di non aver curato la politica, di aver creduto che il nostro progetto basato unicamente sull’arte e il nostro lavoro minuzioso e ossessivo potesse essere premiato? Quando mercoledì 11 illustreremo in un incontro stampa il programma presentato al ministero, e i suoi nomi prestigiosi, si capirà meglio l’assurdità di questa esclusione. La verità è che la politica deve mettere le mani anche nelle cose che funzionano. Perché il Bellini funziona“.
Ancora una volta il cosiddetto “Sistema Mercadante” di amicizie e scambi di favore, di nepotismo e conflitti di interesse, di clientelismo e merito, miete delle vittime e impone danni culturali ed economici inestimabili per Napoli, la Campania e l’Italia tutta. Sulla scia di Alessio Gemma (Repubblica), possiamo dire che il Trianon è fallito e il Bellini si trova ora declassato a causa di una politica di basso profilo che avvelena l’intero sistema sociale ed economico.
Come il Trianon e il Bellini di Napoli, il Teatro genovese, subisce le sorti di chi non è ammanigliato politicamente e non vanta amicizie con i cinque esperti della commissione ministeriale. Secondo Emanuele Rossi, redattore del Secolo XIX, “il teatro genovese è pronto anche a passare alle vie legali facendo ricorso, dopo un’analisi attenta dei verbali della commissione ministeriale. Intanto la vicenda arriverà in parlamento con un’interrogazione firmata dalla deputata Pd Mara Carocci. E tra gli elementi che stanno suscitando le maggiori perplessità sulla decisione dei cinque esperti della commissione presieduta da Luciano Argano ci sono i loro trascorsi di collaborazione con alcuni dei teatri che sono diventati “nazionali” un po’ a sorpresa: quello di Napoli, quello di Roma e quello di Firenze-Pontedera“.
Emanuele Rossi rivela gli stessi conflitti di interessi di cui Repubblica di Napoli e Road Tv Italia hanno scritto nei mesi scorsi. Nella commissione ministeriale sono presenti nomi di ex collaboratori della Fondazione Pontedera Teatro di Firenze (ovvero Olivero Ponte di Pino e Roberta Ferraresi – come ospiti – e il presidente Luciano Argano e Ilaria Fabbri ai lavori), del Napoli Teatro Festival e del Tetro Mercadante di Napoli (tra cui il critico Ponte di Pino che è stato sia collaboratore del direttore del Teatro di Roma Antonio Calbi e Roberta Ferraresi, sia impiegato nelle redazioni del Napoli Teatro Festival Italia e del Teatro Mercadante di Napoli).
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