La scarsa qualità della carne del vitto e la mancata trasmissione dei canali Sky sarebbero alla base della protesta nel carcere di Secondigliano.
Carcere di Secondigliano | Carne di scarsa qualità e mancata ricezione dei canali Sky. Sono questi i motivi che hanno portato ad una rivolta di alcuni detenuti nel carcere di Secondigliano, a Napoli. A raccontare la vicenda è Emilio Fattorello, segretario nazionale per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe: “Oggi (ieri ndr) verso le ore 13.00 una quarantina di detenuti del circuito Media Sicurezza nel Centro Penitenziario hanno inscenato una azione di protesta.I detenuti invece di uscire dai cortili per rientrare nel Reparto di appartenenza si sono barricati nel cortile rifiutando di uscire. Sono stati utilizzati carrelli del vitto per ostruire il cancello di ingresso. I motivi della protesta, sicuramente pretestuosi, hanno riguardato la scarsa qualità della carne del vitto e la mancata trasmissione dei canali di Sky che la Curia di Napoli offre ai detenuti”.
La denuncia del Sappe
“Si sono vissuti momenti di tensione per alcune ore tanto che i poliziotti erano pronti ad intervenire in tenuta antisommossa. – continua Fattorello – Alle 15.30 la protesta è rientrata. L’aspetto che lascia perplessi è che questi detenuti che hanno protestato sono gli stessi che qualche mese addietro si sono resi responsabili della rivolta e devastazione del Padiglione Salerno di Poggioreale”.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, sollecita le istituzioni penitenziarie nazionali a intervenire: “Questa ennesima protesta, assurda per le futili ragioni, deve fare seriamente riflettere su quali e quanti problemi di sicurezza vi sono nelle carceri della Campania. La Polizia Penitenziaria sta pagando uno scotto pesante in termini di stress, violenza e aggressioni fisiche e questo non si può più accettare e tollerare. Quasi ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari, sempre più contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato”.