Spazzacorrotti, l’incostituzionalità che ti aspettavi
Tanto tuonò che piovve. Queste le prime considerazioni a caldo di Meritocrazia Italia sull’attesa pronuncia di incostituzionalità oggi adottata dalla Corte Costituzionale, all’esito della propria camera di consiglio.
La Corte Costituzionale si è espressa sul divieto di misure alternative e benefici penitenziari per chi è condannato per alcuni reati contro la Pubblica amministrazione. Bonafede: era un’interpretazione dei giudici
Il Giudice delle leggi ha, infatti, sancito come “l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla liberta’ personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, e’ incompatibile con il principio di legalita’ delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione”, di fatto censurando l’operato della Legge manifesto del Movimento a 5 stelle, che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione.
Ma, come anticipato, l’intervento correttivo era nell’aria, siccome preannunciato dall’incredibile dichiarazione a sorpresa della stessa Avvocatura dello Stato, deputata alla rappresentanza governativa, la quale, nell’udienza di ieri, aveva spiazzato tutti allineandosi alle posizioni dell’accusa e contestando la retroattività del provvedimento, relativamente alla concessione dei benefici penitenziari, con la chiosa di non sentirsi “controparte rispetto ai colleghi difensori, perché lo Stato di diritto dev’essere un riferimento per tutti gli operatori del diritto».
Ed allora, nonostante la censura costituzionale si riferisca, in particolare, alla “mancanza di una disciplina transitoria che impedisca l’applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso prima dell’entrata in vigore della legge n. 3/2019″, appare evidente l’eco politico di una siffatta bocciatura, che denota l’inapplicabilità del giustizialismo “fai da te” di matrice populista e la necessità del definitivo abbandono di insensate logiche di contrapposizione figlie dell’agone politico tra blocchi contrapposti, in nome di una imprescindibile cooperazione tra gli operatori qualificati del settore, a beneficio esclusivo del sistema Paese.
L’auspicio di Meritocrazia, dunque, è che tale intervento reprensivo del baluardo costituzionale possa fungere da monito per le prossime imminenti decisioni involgenti il sistema giustizia, perché ogni produzione legislativa torni ad essere espressione di competenza normativa e sintesi di una corretta dialettica professionale, politica ed istituzionale, che sappia porsi all’ascolto dei validi contributi da chiunque provenienti, perché la sconfitta dello Stato è una sconfitta di tutti.
Incostituzionale lo Spazzacorrotti, esaminiamo la decisione da vicino
È incostituzionale e, pertanto, illegittima l’applicazione retroattiva della Legge Spazzacorrotti. Così la Corte costituzionale ha stabilito dopo aver esaminato le censure sollevate da numerosi giudici sulla retroattività della legge 9 gennaio 2019 n. 3, detta Spazzacorrotti, che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione.
“L’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione”, hanno decretato i supremi giudici. In particolare, è stata denunciata la mancanza di una disciplina transitoria che impedisca l’applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso prima dell’entrata in vigore della legge.
Il deposito della sentenza è previsto nelle prossime settimane. La Corte costituzionale ha preso atto che “secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge n.3 del 2019″. La Corte ha dichiarato che “questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna”