Stefano Cortese, scrittore napoletano, ha recensito Yao

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L’autore napoletano Stefano Cortese ha recensito il nuovo libro di Fiori Picco, “Yao“, opera scritta sia in italiano che in cinese, con il nome di “Yaowang”.

 

Yao di Fiori Picco: i molti piani di un mondo ancestrale

Non ho letto Yao, l’ultimo romanzo di Fiori Picco: me lo sono fatto leggere ad alta voce, leggere da qualcuno che ha significato ogni cosa e che non leggerà mai più alcuna storia per me, né vorrà farlo, forse.

L’ultima storia che ho ascoltato da quella voce a me cara, è stata quella del giovane Yang Sen, sfuggito al suo villaggio e alla sua gente dello Yunnan per risparmiare ai propri cari l’onta del disonore; della bella Xuelian, giunta in Cina da una terra remota al di là dell’orizzonte per compiere il proprio destino e del loro ritorno tra i monti, tra la gente di etnia Yao, alla ricerca della leggendaria e sfortunata Li Tangmei, l’unica imperatrice Yao che abbia mai seduto sul trono del Celeste Impero.

Fiori Picco ci conduce pagina dopo pagina, momento dopo momento, in un viaggio multidimensionale che attraversa non soltanto epoche, luoghi e culture diverse, ma anche generi letterari e forme di narrazione parallele e interconnesse. Il sottotitolo dell’opera recita “romanzo”, ma la definizione risulta riduttiva. Il termine più appropriato sarebbe “commedia”, o meglio, “comedìa”, più dantescamente attinente alla multiformità del libro. Romanzo di formazione, resoconto di viaggio, trattato antropologico, romanzo storico, analisi socio – culturale, Yao è queste e altre cose.

Proprio come una comedìa, che diviene specchio della pluralità delle esperienze umane, l’opera di Fiori Picco attraversa i generi, sfrutta le peculiarità di tutti, senza anchilosarsi in nessuno. Ne risulta un libro trasversale, un’opera di ricostruzione, prima di tutto, di esperienze personali, quella di Yang Seng, quella di Xuelian, ma anche collettive: le memorie, la cultura, i colori del popolo Yao che dà titolo al romanzo.

Gli Yao sono uno dei cinquantasei gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dalla Repubblica popolare cinese, originario della provincia dello Yunnan. Gruppi di etnia Yao si trovano anche nella provincia del Guangxi e sull’isola di Hainan, nonché in Vietnam, Laos e Birmania. Fiori Picco ha avuto modo di conoscere e vivere a contatto con gli Yao dello Yunnan e dalla sua lunga e profonda esperienza nasce la sua opera, concentrata nel ricercare e tramandare i valori, le usanze, i costumi e le storie di questo affascinante e misterioso popolo delle montagne.

Ridurre l’opera di Fiori Picco in poche righe risulterebbe mortificante per la complessità del testo. Mi limiterò qui a esporre alcune intuizioni, che in fondo sono la forma più verace con cui un’opera attecchisce all’anima.

Yao è una storia delicata, dipanata attraverso una trama che solo al fondo, ma potentemente, riesce a trasmettere tutta la vulcanica tensione che vi soggiace. Ogni personaggio si muove quasi fosse dipinto su un’antica e fragile carta, ma oltre la sua soave eleganza si coglie e, in certi casi, si patisce, lo spirito selvaggio e sanguigno della realtà in cui è calato. Solo così Fiori Picco può restituire intatto al lettore un equilibrio perfettamente bilanciato tra arte e verità: se la reminiscenza del passato glorioso e delle antiche usanze del popolo Yao ci catapulta in una dimensione quasi quasi mitologica, ovvero afferente al “non – tempo” mitico, la realtà feroce degli “emigranti in patria”, fenomeno assai diffuso in Cina che vede uomini e donne trasferirsi dalla campagna alla città senza, tuttavia, che venga loro riconosciuto alcun diritto, ci riporta violentemente alla verità d’un Paese ancora schiavo, in certi casi, di profonde ingiustizie sociali.

Tutto sulla misura, alla maniera cinese, si basa Yao di Fiori Picco. E già, perché, Fiori scrive “alla cinese”, immedesimandosi così potentemente nei gangli culturali e filosofici del Paese di Mezzo da portare alla luce non già una traduzione occidentale di quel mondo, ma la sua rediviva e tangibile concretezza. Non dimentichiamo che Fiori è prima di tutto una sinologa, e la sinologia vuol dire molte cose non facilmente riducibili, come il suo romanzo. In un’opera pubblicata da Fiori d’Asia lessi una volta una definizione della Cina: “Paese – Odissea”. Una nazione non semplificabile, una cultura che non si può sintetizzare se non nella misura, nell’equilibrio. Ciò che immaginiamo non è mai reale e ciò che vediamo è ancora aperto all’immaginabile. Questa è la Cina. Questo è Yao.

Fiori Picco, però, ha fatto qualcosa di ancor più stupefacente, qualcosa dal quale, purtroppo, io sono estromesso. Fiori ha scritto Yao due volte, in italiano e in cinese. Ho detto scritto, non tradotto. Fiori ha raccontato la storia di Yang Sen, di Xuelian e del popolo Yao nella lingua in cui essi si esprimono, e non attraverso un lavoro di adattamento, ma utilizzando con perizia le strutture, le forme, le sfumature della lingua originale. Tuttavia, essendo completamente al digiuno di lingua cinese, non posso esprimermi sulle qualità linguistico – testuali della versione in mandarino e lascio la parola agli esperti. Ciò che posso dire, tuttavia, è che Yao, pubblicato in entrambe le lingue, amplia i suoi molti piani espressivi, aprendosi a una specularità che riproduce all’infinito le possibilità di questo viaggio nella realtà e a ritroso nel tempo, in questo mondo ancestrale che continua ad assomigliare ai primordi ed è il nostro.

Auguro a tutti i lettori di affrontare questo ritorno, di condividere e patire insieme a Yang Sen, a Xuelian e alla povera Li Tangmei i molti universi dalla loro storia e se avrete la fortuna che qualcuno legga per voi, mettetevi comodi e ascoltate: dopo, non vorrete tornare più a casa.

Stefano Cortese

Stefano Cortese è nato a Napoli nel 1990. Si è laureato in Lettere Moderne e specializzato in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Inizia la sua attività di scrittore all’età di quindici anni e nel 2009 esordisce con la raccolta di poesie Alla murena e al cielo di pioggia, Prose in Versi, a cui fa seguito nel 2014 il breve romanzo storico La miglior compagnia. Tra il 2015 e il 2020 pubblica la “Trilogia del Nulla”, che comprende il romanzo biografico Virgilio o la terra del tramonto e i romanzi storici L’Osco e Manzoni è morto. È inoltre autore del thriller Il buio bianco, delle raccolte di racconti Il basilisco o della speranza e Dark Explorer, del saggio Le mie stagioni di Carmine Forgione, del romanzo storico Henneapolis, cronache dalla Napoli bizantina e del libro per l’infanzia Guida di Napoli per piccoli viaggiatori. È stato insignito del Primo Premio “L’Iguana” dell’Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, per Manzoni è morto e del Premio per la Poesia al Terzo “International Poetry Festival” dell’Isola di Hainan, in Cina.