Stupro di Palermo: la violenza sessuale ai tempi dei social

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Stupro di Palermo: la violenza sessuale ai tempi dei social

Violenza, violenza ed ancora violenza. La società vive nella morsa della violenza, senza riuscire ad annientarla. Questo è ciò che pensavo poco più di una settimana fa mentre leggevo news riguardanti uno degli ultimi macabri episodi di cronaca che ha sconvolto l’intera nazione: parlo del grave episodio dello stupro di gruppo a Palermo. Stupro, una parola che già di per sé fa rabbrividire, denota chiaramente la volontà di umiliazione da voler infliggere. Già, perché questa infamia altro non è che oltraggio, mortificazione, dimostrazione di una fasulla “superiorità” dell’uomo verso la donna. In più, rispetto al passato, oggi c’è l’effetto amplificatore dei social: gran parte della “soddisfazione” per gli autori dell’abuso è data dal potersi vantare sui social network della “bravata” compiuta impunemente, postandone spesso dei brevi filmati.

Ancora una volta sulla vittima di uno stupro ( di gruppo peraltro ) viene esercitata una doppia violenza: fisica e psicologica. Nella narrazione sui media e sui social, ancora una volta la vittima non esiste, ma vengono raccontate, con dovizia di particolari, le gesta violente di chi ritiene senza valore il corpo di una donna, e soprattutto non comprende quanto quello che è accaduto la segnerà per sempre” ha dichiarato ultimamente il prof. Francesco Pira, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Messina. Come dargli torto. Il problema è che la vittima viene relegata in un angolo, non fa notizia, ciò che colpisce di più è sapere i particolari del gesto, viene dato più risalto al carnefice piuttosto che alla vittima. Già, la vittima, una ragazza che ha semplicemente la “colpa” di essere andata una serata qualunque a divertirsi in discoteca bevendo magari qualche bicchiere in più. “Scandaloso!”. Questo è ciò che magari comunemente si pensa! Eh, sì, perché se ad ubriacarsi magari è un ragazzo allora magari “è stata solo una bravata”, se invece lo fa una ragazza “ma perché si va a sballare così? Allora è lei che vuole finire nella bocca del lupo, se l’è cercata!”. Ma ci rendiamo conto che una ragazza di appena 19 anni ( questa è l’età della vittima ) sta affrontando l’età della spensieratezza e della classica ribellione proprio come accade al maschio? E poi, in una società democratica quale quella nostra ( almeno sulla carta ), perché un uomo può avere dei privilegi senza subirne critiche e la donna no? Resto basito. Davvero non so cosa ci spinge a definirci “società di cultura, società all’avanguardia” se poi permangono episodi deplorevoli come soprusi e stupri.

Alla ricerca di risposte alle mie domande, sono riuscito ad intervistare proprio il citato prof. Francesco Pira:

Buongiorno Francesco, allora: la società moderna sembra che abbia una seria mancanza di empatia … perché, secondo te, gli stupri di gruppo e le molestie in branco sono aumentati in modo così drammatico?

La società è cambiata e le relazioni sono cambiate. Nei giorni scorsi un bravo inviato di Repubblica Salvo Palazzolo ha firmato un’inchiesta in cui ci restituisce un numero incredibile di stupri denunciati a Palermo: 1073 uomini che odiano le donne, così lui ha scritto. Questo dato è molto preoccupante. Il fenomeno delle molestie e violenza di branco fa parte di una cultura dominante dell’uomo che è sempre esistita, purtroppo. L’aggravante oggi è quella della doppia violenza: oltre a quella fisica la vittima, che spesso scompare nelle narrazioni giornalistiche e sui social, subisce anche violenza morale e psicologica. Ma c’è un altro dato che mi lascia senza fiato e mi procura da educatore molta rabbia: maschi che hanno tentato di comprare e sono disposti a pagare il video dello stupro di gruppo. Vomitevoli.

pira

Stupri ed alcol: ha fatto molto clamore la dichiarazione di un esponente del giornalismo nazionale negli ultimi giorni circa il modo di vestirsi delle ragazze di oggi e l’uso di alcol: quanto pesano su una donna questi stereotipi che le vengono attribuiti?

Ho letto la polemica e ho visto questo nuovo walzer degli stereotipi. Noi dobbiamo spiegare ai bambini e ai ragazzi il diritto sacrosanto di dire no. Far capire che un rifiuto non è un sì se si esercita violenza. E se una ragazza beve bisogna aiutarla e accompagnarla a casa, non violentarla o come è accaduto a Latina, riprendere le sue parti intime togliendole le mutande e alzando il vestito, anche se molto corto. Ho molta paura di una società che ha perso l’educazione al rispetto dell’altro.

Altra cosa preoccupante è il fatto che i video postati sui social abbiano milioni e milioni di visualizzazioni in tutto il globo, sembra quasi che la gente sia attratta da tutto ciò che è immorale e scorretto… come si può spiegare tutto ciò?

Quello che deve farci riflettere è il continuo scambio di immagini e la trasformazione del concetto di intimità e di privacy. La tendenza è quella di spettacolarizzare tutto compresa la nostra intimità e questo è un dato allarmante. La diffusione di immagini pornografiche senza il consenso delle persone interessate, l’invio di foto e video privati che solitamente dopo una lite di coppia o dopo l’addio vengono postate in rete o inviate con la messaggeria veloce, Telegram o WhatsApp, è davvero è inaccettabile. Scoprire la pubblicazione in rete di uno dei propri momenti personali, può generare senso di colpa e vergogna con conseguenze estreme per la vittima. Riprendere uno stupro con la telecamera di un cellulare, caricarlo in rete, o guardarlo insieme ad altre persone, è un atto disumano. Tanti i casi di suicidio che si sono verificati dopo il revenge porn. Non basta una legge, ma è necessario ridefinire i nuovi modelli relazionali che stanno trasformando la nostra società. Insieme alla collega Carmela Mento, professore associato di psicologia clinica nel mio stesso Ateneo, l’Università di Messina, abbiamo provato a spiegarlo nel libro “La violenza in un click” (FrancoAngeli), fresco di stampa. Perché temiamo i tanti, i troppi suicidi di adolescenti.

In Italia si fa ancora fatica ad inserire nei programmi scolastici la materia di educazione sessuale e sentimentale: per quale motivo esistono ancora simili tabù?

Lo dicevo poche ore fa in un’intervista televisiva. Io andavo alle medie e si parlava di una grande riforma per insegnare l’educazione sessuale nelle scuole. Ho appena compiuto 58 anni e se ne parla. Questo mentre pre-adolescenti che frequentano le elementari hanno profili falsi per andare su YouPorn, che ormai è l’unica scuola per i giovanissimi. Le chiedo e mi chiedo ha senso parlare di educazione sessuale e non di educazione alle emozioni? Ha senso inviare nelle scuole solo alcuni esperti, giuristi e psicologi e non fare dei team completi di tutte le professionalità necessarie? Spero che qualcosa accada. Non è più possibile aspettare altri stupri.

Su cosa bisogna agire per arginare, se non sconfiggere definitivamente, i fenomeni di violenza contro le donne?

Un’emergenza educativa va combattuta con un immediato piano di emergenza per arginare questi fenomeni di violenza gratuita. Come educatori, possiamo dare una risposta concreta ed effettiva a situazioni sociali di estremo degrado, come quella che è stata vissuta a Palermo. Ci siamo resi conto che non basta soltanto una legge, un provvedimento e un arresto, ma bisogna impegnarsi tantissimo per raggiungere un cambio culturale immediato. Una cultura del rispetto dell’altro, dell’identità, della non violenza e dell’amore nei confronti degli altri.

Bisogna lavorare negli istituti di ogni ordine e grado e mettere insieme un équipe di formatori che facciano passare messaggi positivi anche sull’uso indiscriminato delle nuove tecnologie. Lavorare sui genitori, formarli e informarli. Questa doppia violenza fisica e psicologica è qualcosa di incredibile. La vittima diventa un trofeo da mostrare e da esibire con il proprio network. Cerchiamo anche di ragionare su cosa è giusto pubblicare e su come il giornalismo deve narrare questi episodi di violenza. Adesso, è giunto il momento di costruire un percorso che deve essere diverso rispetto al passato. Esaltare gli aggressori e far sparire la vittima non è qualcosa che ci può aiutare a cambiare questo ordine che vive di disordine. Non possiamo assistere impotenti a questa rivoluzione al contrario, dove non esiste più il rispetto e la giusta dimensione di quella che si definisce una società civile. Tutto quello che è accaduto non ha nulla a che vedere con la civiltà e nemmeno con l’umanità. Andiamo oltre la paura e l’indignazione, è tempo di agire, contro questa emergenza educativa. Occorre incontrare i genitori e realizzare delle scuole per formarli e allo stesso tempo serve supportare i ragazzi nelle loro fragilità e nelle loro paure. La scuola deve continuare a contrastare la dispersione scolastica, attraverso progetti di inclusione e progetti per il tempo libero. Dobbiamo evitare che i nostri figli, i nostri giovani, rovinino la loro vita o addirittura la perdano per una challenge.

 

Ringrazio di cuore il prof. Pira per la sua disponibilità, e mi concedo una piccola riflessione: personalmente sono assolutamente contrario alla castrazione chimica per gli stupratori come alcuni sostengono. La ragione? Oggi riguarda gli stupratori ma domani chi potrebbe includere? Se permettiamo che il concetto si allarghi, come sta facendo oggi una parte della popolazione ( inclusa quella della classe politica ), che gioca sull’onda del risentimento per gli stupri, soprattutto quello di Palermo, un domani sarà possibile inserire più categorie in questa pratica. Definire chi è “normale” e chi no. Definire quale “razza” possa riprodursi e chi no. Decidere chi è degno e chi no. E chi decide chi è normale e chi no? Il meccanismo è subdolo e disonesto: ti convinco perché sei indignato e poi, man mano che certi concetti di intolleranza avanzano, posso inserirci altre categorie. Io dico: inasprire le pene e definire la certezza della pena senza sconti. Hai preso 20 anni, ti fai 20 anni.