“Mi sento un peso per la mia famiglia e per le persone che mi stanno attorno, tutto questo è cominciato con la situazione lavorativa in cui mi trovo, dove mi sento perseguitato h24”. Queste parole, trovate in una delle 5 lettere lasciate poco più di un anno fa, esprimono tutto il dolore di Gennaro Giordano, 39enne napoletano che il 2 dicembre 2023 ha deciso di togliersi la vita lanciandosi nel vuoto, vittima di pressioni psicologiche e discriminazioni sul luogo di lavoro. Parole forti, parole che esprimono tutto il regresso morale che colpisce la nostra società. Gennaro, come tanti suoi coetanei del sud, qualche tempo fa decide di andare in un’altra città per trovare lavoro, ma dopo qualche tempo, trovandosi lontano dai suoi affetti più cari, chiede ed ottiene il trasferimento nella sua città di origine, lì dove inizia il suo calvario. Da quel momento infatti inizia contro di lui, a lavoro e non solo, un vero e proprio mobbing, discriminazioni e maltrattamenti e semplicemente perché “colpevole” di essere omosessuale. Costretto addirittura a mansioni non appartenenti alle sue, ed alcune anche pericolose, tipo l’allestimento di una parete che gli ha causato una caduta con conseguente rottura di ginocchio, mansioni tra le tante cose neanche regolarmente retribuite, per non parlare di vari “dispetti” (ad esempio la forzatura del suo armadietto con conseguente furto del relativo contenuto, o addirittura la formattazione improvvisa e senza alcuna ragione del suo cellulare aziendale). “Con il nuovo capo, la situazione non è cambiata, anzi, lui perseguita tutto ciò che non rientra nel suo bigottismo, per lui donne e omosessuali sono esseri inferiori, mi sento prigioniero in questa vita”. Queste parole sono ciò che fa riflettere ancora di più, ciò che fa ancora più male: si parla tanto di lotta alle discriminazioni, di diritti per tutti, di inclusione … ma nei fatti? Zero! Vero che tanto è stato proposto e tanto viene fatto, vero che la legge ha proposto nel corso di questi ultimi anni delle soluzioni (ad esempio nel 2021 è stata inserita all’articolo 15 dello Statuto del ’70 la specifica del divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale) ma il problema resta uno in particolare, la mentalità gretta che non riesce ad accettare il “diverso da sè”, lo vede sempre e solo come un nemico da combattere. La verità è che il diverso fa paura, e tanta. Si potrebbe immaginare che le discriminazioni siano superate al giorno d’oggi, che certi tabù sono stati superati da un pezzo, ma a quanto pare non è così, o almeno non ancora. Molto c’è ancora da lavorare e non solo attraverso delle fredde leggi scritte e spesso neanche seguite, non solo con delle belle parole magari dette per fare scena in una trasmissione televisiva e solo per aumentare lo share dello show, o magari delle manifestazioni plateali fatte in occasione delle classiche giornate istituite per manifestare: le parole restano al vento se non vengono seguite dai fatti. E i fatti sono da intendersi dal punto di vista morale, educare la mente delle persone fin dai tempi della scuola, far capire a tutti che essere etero o gay non nuoce alla salute del prossimo, tutti possiamo convivere pacificamente al di là di dei propri gusti in ambito sessuale! Ecco, la scuola: dovrebbe essere proprio questa Istituzione a dover cambiare, a doversi aprire al progresso morale, studiare esclusivamente materie classiche può servire alla cultura personale, ma non ad arricchire quella morale. E allora perchè non “formattare” la scuola ed iniziare con un nuovo ciclo, nuove materie da affiancare a quelle tradizionali e tali da poter combattere con la cultura qualsiasi forma di discriminazione?
“Non datevi colpe, sono io, entrato in un loop depressivo da cui non so uscirne, fatela pagare a…” conclude così Gennaro una delle 5 missive lasciate ai familiari, e sulla base di queste ultime parole inizia la battaglia che i suoi genitori hanno iniziato poco tempo fa: giustizia e tutela contro tutte le forme di discriminazioni LGBT. E’ partita la denuncia e la Procura di Torre Annunziata ha avviato un’inchiesta per chiarire le circostanze che hanno condotto alla morte del giovane. Nulla è stato lasciato al caso dagli inquirenti: si cercano infatti varie testimonianze da parte di colleghi e conoscenti della vittima per ricostruire il contesto lavorativo e il conseguente mobbing.
Cambiare si può, anche se può sembrare impossibile, serve forza d’animo e molta tenacia. Fin quando migliaia di persone come Gennaro non avranno il diritto di lavorare senza paura, bisogna lottare, sempre, affinché non ci siano più in futuro discriminazioni verso il diverso da sé.